Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza - vale a dire Bankitalia - ma anche violazione del testo unico bancario, all’articolo 136, che vieta ai membri dell’organo di amministrazione di fare atti di compravendita con la banca amministrata o controllata, senza autorizzazione dello stesso consiglio, all’unanimità. Due nuovi capi d’accusa dai pm forlivesi, Fabio di Vizio e Marco Forte, per l’inchiesta che vede coinvolti una decina fra ex amministratori e sindaci di Credito di Romagna, nomi noti dell’imprenditoria romagnola, da Forlì a Cesena, a Rimini. C’è anche Manlio Maggioli - finito nella bufera proprio a chiusura indagine, per i due milioni scudati sul Titano - e, ancora, Giovanni Mercadini, fondatore dell’istituto forlivese e già presidente dell’Istituto Bancario Sammarinese. Dopo Re Nero e Varano, due anni fa la procura di Forlì tornava ad indagare sui collegamenti fra istituti del Titano e banche romagnole. Commissariata Credito di Romagna nel luglio 2007, per irregolarità nella gestione: nel mirino erano finanziamenti e operazioni compiute fra i due istituti, in violazione della norme antiriciclaggio, cambiate dalla normativa del 2007. Chiusa la prima inchiesta, gemella a questa, nella primavera scorsa, quando Giovanni Mercadini ha patteggiato a 11 mesi.
Annamaria Sirotti
Annamaria Sirotti
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