I disoccupati totali, al 31 dicembre 2004, sono 577, di cui 249 in senso stretto, ossia coloro che si rendono subito disponibili per un posto di lavoro, mentre gli altri pongono dei paletti o dei vincoli, ad esempio cercano un impiego part time, oppure sono quelli che già lavorano ma stanno cercando un impiego diverso. Tra i disoccupati subito disponibili, la maggior parte sono diplomati: 33 ragionieri, 11 geometri, 6 periti turistici. Seguono i laureati, 55, con le lauree meno produttive che sono psicologia e giurisprudenza, 36 impiegati generici, 28 per la manodopera generica e 23 per il settore alberghi e mense, o addetti alle vendite. Non mancano anche i lavoratori che, contattati dall’ufficio del lavoro per un posto, lo rifiutano, con le motivazioni più disparate. Come comunica la dirigenza dell’ufficio però, al momento non esiste una casistica di riferimento, le motivazioni del rifiuto non sono mai state catalogate e la raccolta per il reperimento di dati sta iniziando proprio in queste settimane, assicura il direttore Milena Gasperoni.
Famoso, ad esempio, il caso portato alla ribalta dall’Osla, del ragazzo che aveva rifiutato un lavoro perché gli orari non gli permettano di continuare a frequentare la palestra. Episodio limite? Non proprio, sempre secondo l’Osla, che riceve le chiamate di protesta delle aziende quando le loro domande di lavoro non hanno buon esito: “La prima domanda – spiegano – è sapere dov’è l’azienda, se è lontana da casa loro. Poi si informano sulla paga, infine sulle mansioni. I rifiuti più frequenti riguardano gli orari di lavoro non compatibili con le proprie esigenze, i turni invece dell’orario continuato. Alcuni si presentano accompagnati dai genitori, che sostengono il colloquio al posto dei loro figli. Altri ammettono candidamente di rifiutare perché aspettano la chiamata dalla Pubblica Amministrazione”.
Famoso, ad esempio, il caso portato alla ribalta dall’Osla, del ragazzo che aveva rifiutato un lavoro perché gli orari non gli permettano di continuare a frequentare la palestra. Episodio limite? Non proprio, sempre secondo l’Osla, che riceve le chiamate di protesta delle aziende quando le loro domande di lavoro non hanno buon esito: “La prima domanda – spiegano – è sapere dov’è l’azienda, se è lontana da casa loro. Poi si informano sulla paga, infine sulle mansioni. I rifiuti più frequenti riguardano gli orari di lavoro non compatibili con le proprie esigenze, i turni invece dell’orario continuato. Alcuni si presentano accompagnati dai genitori, che sostengono il colloquio al posto dei loro figli. Altri ammettono candidamente di rifiutare perché aspettano la chiamata dalla Pubblica Amministrazione”.
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