La differenza con l’Iva italiana era già di 3 punti percentuali in meno, ma gli effetti di questo che doveva tradursi come un beneficio per i consumatori, non si sono sentiti, poiché i prezzi dei prodotti interni non si erano abbassati più di tanto, anzi. Ora lo Stato ci riprova, e per calmierare l’effetto della crisi e risollevare l’economia, abbassa di altri due punti percentuali la monofase, che arriva al 15%. L’obiettivo rimane invariato, ossia aumentare i consumi interni: per riuscirci, è giocoforza pensare che i prezzi debbano abbassarsi. Secondo i calcoli della segreteria alle Finanze, ogni punto percentuale di monofase in meno sono 4 milioni di euro che calano per le entrate statali. Due punti in meno sarebbero 8 milioni. Questo a parità di imponibile, e l’ultimo differenziale calcolato, ossia di monofase netta che entra, è stato di 66 milioni. Se rimanesse inalterato, entrerebbero solo 58 milioni. Naturalmente la speranza non è questa, ma anzi che i volumi aumentino. L’intervento è stato pensato anche e soprattutto per le imprese, che devono ricostituire i loro magazzini: in tempo di crisi le aziende hanno lavorato al venduto, ossia comprando in base a quanto pensavano di poter vendere, o dando fondo ai propri magazzini per non rischiare di rimanere con troppo invenduto. Ora possono acquistare di più ed introdurre politiche di prezzo più aggressive. Alcuni settori dovrebbero beneficiarne più di altri: pensiamo a quello delle auto, acquistare una vettura a San Marino costa 5 punti percentuali in meno rispetto all’Italia, anche se è valido per i soli sammarinesi, visto che gli italiani devono comunque immatricolare oltre confine. O ancora, il settore dell’elettronica, l’oggettistica per la casa: sono le aree dalle quali il governo si aspetta i risultati migliori.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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