Non bastavano la conferma della Gran Bretagna a restare fuori e il no pronunciato a sorpresa da Praga, che ha ridotto a 25 i sì al nuovo Patto di bilancio. A complicare le sorti del 'Fiscal compact' appena nato ci si é messa pure l'Irlanda, il cui premier Enda Kenny ha ipotizzato di sottoporre il nuovo Trattato a referendum: una minaccia bella e buona, considerato che fu il risultato negativo della consultazione popolare irlandese a bloccare per mesi l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. E anche dalla Francia sono arrivate nubi di tempesta. Il candidato socialista alle presidenziali Francois Hollande ha dichiarato che se diventasse nuovo presidente chiederebbe la rinegoziazione del Patto per riequilibrare le nuove regole comuni sul rigore dei conti con impegni di crescita e occupazione. Dichiarazioni accolte a Bruxelles con scetticismo. Il 'fiscal compact' dovrà essere sottoscritto ufficialmente al vertice Ue del primo di marzo. Dopodiché, potrà partire il processo di ratifica che - nella maggioranza dei casi - sarà parlamentare. Dublino vuole però verificare se i cambiamenti giuridici introdotti dal Patto sono tali da richiedere un passaggio nelle urne. Il punto ostico riguarda la 'golden rule' sul pareggio di bilancio che i firmatari si impegnano ad inserire nelle Costituzioni nazionali "o in leggi equivalenti".
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