Oltre al danno la beffa, qualcuno potrebbe commentare così gli sviluppi sulla doppia tassazione per i frontalieri, imposta dall’Italia e in vigore da quest’anno. Una diversa interpretazione della normativa, già di per sé non chiara e ulteriormente ingarbugliata dalle circolari del Ministero delle Finanze italiano spesso in netto contrasto una con l’altra, che hanno portato a differenze di un certa consistenza economica per le tasche dei frontalieri. L’ultima novità arriva dai sindacati proprio quelli che dovrebbero tutelare i lavoratori. Chi si è rivolto al patronato della Uil si è ritrovato a pagare meno tasse, in qualche caso a non pagare proprio, rispetto a chi ha contattato gli sportelli di Cgil e Csil. Le differenze sono enormi e tutto nasce dalla lettura data alla normativa italiana che non indica come calcolare la tassazione. Inizialmente i sindacati sammarinesi, in particolare la Cdls, suggeriscono ai sindacati italiani, con i quali instaurano una collaborazione di consulenza fiscale, che il giusto conteggio da applicare non poteva basarsi sulle aliquote italiane, in quanto il reddito è prodotto in un paese terzo, ma sull’imponibile lordo di San Marino pari al 21,60 % ossia 20% di produzione reddito meno l’1,60% fondo pensione non tassabile. Cgil e Cisl, dopo aver interpellato la direzione finanziaria di Bologna, rifiutano questa interpretazione, e ripiegano sull’aliquota lorda italiana. La Uil, forte della consulenza del ministero italiano, opta per la soluzione sammarinese e la differenza a questo punto risulta enorme a parità di imponibile da tassare. Qualcuno si è ritrovato a pagare 3 o 4 mila euro, altri con lo stesso imponibile non hanno pagato nulla. E lo smacco è doppio perché chi ha pagato troppo non potrà certo chiedere rimborsi.
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