Due milioni e duecentomila famiglie italiane non hanno un reddito da lavoro, e la schiera delle persone che vorrebbero lavorare ma non trovano impiego si ingrossa sempre di più: oggi sono oltre sei milioni e mezzo i disoccupati. E il dramma attraversa soprattutto l'universo giovanile. I ragazzi nati dopo il 1980, sono troppo istruiti, troppo qualificati per il lavoro che svolgono. Chi lavora lo fa con un contratto part time o a termine. Nonostante la laurea fanno i baristi, i commessi, i camerieri, i cuochi o i parrucchieri. Solo poco più della metà di loro ha trovato una occupazione ottimale a tre anni dalla laurea. Il tasso di occupazione di un laureato, fra i 30 3 i 34 anni, è scesa dal 79,5 al 73,7% dal 2005. I giovani – ci informa l'Istat - rimangono a casa dei genitori, specialmente i maschi. Non si sposano prima dei 30 anni e fanno meno figli: nel 2015 si è toccato il minimo storico delle nascite dall'Unità d'Italia: appena 488 mila, 15 mila in meno dello scorso anno. "La generazione del Millennio (Millennial) è quella che sta pagando più di ogni altra le conseguenze economiche e sociali della crisi", scrive l'Istat. Il 61,8% non lavora. Non solo. I giovani non prendono il posto degli anziani. Il confronto tra ingressi e uscite dal mondo del lavoro mostra un saldo negativo: nella pubblica amministrazione, ad esempio, a fronte di 125 pensionati, solo 37 giovani hanno preso il loro posto. In generale i disoccupati italiani sono quasi il doppio della media europea anche se i primi segnali di crescita si registrano. “Ma sono di bassa intensità” – spiega il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva. “Dopo una recessione lunga e profonda, l'Italia sperimenta un primo momento di crescita persistente anche se a bassa intensità. Rispetto ai precedenti episodi di espansione ciclica - ha aggiunto - la ripresa produttiva appare caratterizzata da una maggiore fragilità”.
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