Ognuno di noi, ogni persona professionalmente impegnata in un ruolo che ha applicazione nel sociale, oggi più che mai dovrebbe svolgere il proprio compito nella maniera più responsabile possibile; con ciò intendo che, oltre all’etica professionale, è richiesta anche una forte dose di onestà intellettuale. Infatti, seppure ognuno di noi, umanamente, tende ad essere accondiscendente con il proprio operato, ritengo essenziale la capacità di valutarlo (con onestà intellettuale appunto), di analizzare i risultati che si conseguono, nella loro complessità, approfondendone tutti i risvolti e implicazioni.
La questione dei 600 nuovi posti di lavoro, quindi, se non analizzata nei suoi risvolti, rimane poco più di un proclama politico, un successo che rischia di rimanere solo sulla carta. Ovviamente il dato positivo di nuovi investimenti rimane, ma la politica deve far sì che questo fatto dispieghi tutti i suoi potenziali effetti positivi; se non lo fa, la politica è fallimentare, se ci si siede ad un tavolo solo per dire: “…va bene venite e fate come volete…”, non si fa politica (intendo politica nella più larga accezione del termine, quindi mi rivolgo a tutte le parti interessate).
Credo che ai cittadini e alle famiglie sammarinesi oggi interessi sapere essenzialmente una cosa: quale incidenza avranno quei 600 posti sul mercato del lavoro sammarinese? Più nello specifico: quanti nostri disoccupati saranno assorbiti da tali aziende? Sarebbero questioni da approfondire, come bisogna sapere di quali professionalità queste aziende hanno bisogno, poiché, se non fossero presenti sul territorio si dovrebbe approntare un serio piano di formazione. Spero che qualcuno si ponga tali quesiti, il punto è che in un paese che ha un mercato del lavoro (seppur ovviamente in crisi) che senso ha parlare di fondo di "carità"?...ops, volevo dire, solidarietà! Misura ovviamente necessaria, ma che deve essere prevista quando il lavoro non c’è!
Quante volte abbiamo letto, o sentito dire, che la dignità della persona si difende con il lavoro, che crea un ruolo nella società, e fa sì che l’individuo si senta utile, impegnato a migliorare questa nostra società con ciò che sa fare.Perché quindi non si chiedono precisi piani industriali a tali investitori? All’interno di tali progetti sono presenti piani di assunzione, anche progressivi, di personale sammarinese?
La questione non è solo inerente alle famiglie e ai disoccupati, ma, al punto in cui siamo, si tratta di una esigenza di sostenibilità economica del paese e, a ricaduta, di sostenibilità sociale. Andando avanti di questo passo, si rischia, veramente, di ingenerare pericolosi movimenti sociali alimentati da chi, magari erroneamente, si sente defraudato di un diritto, il diritto al lavoro.
Alessio Muccioli
La questione dei 600 nuovi posti di lavoro, quindi, se non analizzata nei suoi risvolti, rimane poco più di un proclama politico, un successo che rischia di rimanere solo sulla carta. Ovviamente il dato positivo di nuovi investimenti rimane, ma la politica deve far sì che questo fatto dispieghi tutti i suoi potenziali effetti positivi; se non lo fa, la politica è fallimentare, se ci si siede ad un tavolo solo per dire: “…va bene venite e fate come volete…”, non si fa politica (intendo politica nella più larga accezione del termine, quindi mi rivolgo a tutte le parti interessate).
Credo che ai cittadini e alle famiglie sammarinesi oggi interessi sapere essenzialmente una cosa: quale incidenza avranno quei 600 posti sul mercato del lavoro sammarinese? Più nello specifico: quanti nostri disoccupati saranno assorbiti da tali aziende? Sarebbero questioni da approfondire, come bisogna sapere di quali professionalità queste aziende hanno bisogno, poiché, se non fossero presenti sul territorio si dovrebbe approntare un serio piano di formazione. Spero che qualcuno si ponga tali quesiti, il punto è che in un paese che ha un mercato del lavoro (seppur ovviamente in crisi) che senso ha parlare di fondo di "carità"?...ops, volevo dire, solidarietà! Misura ovviamente necessaria, ma che deve essere prevista quando il lavoro non c’è!
Quante volte abbiamo letto, o sentito dire, che la dignità della persona si difende con il lavoro, che crea un ruolo nella società, e fa sì che l’individuo si senta utile, impegnato a migliorare questa nostra società con ciò che sa fare.Perché quindi non si chiedono precisi piani industriali a tali investitori? All’interno di tali progetti sono presenti piani di assunzione, anche progressivi, di personale sammarinese?
La questione non è solo inerente alle famiglie e ai disoccupati, ma, al punto in cui siamo, si tratta di una esigenza di sostenibilità economica del paese e, a ricaduta, di sostenibilità sociale. Andando avanti di questo passo, si rischia, veramente, di ingenerare pericolosi movimenti sociali alimentati da chi, magari erroneamente, si sente defraudato di un diritto, il diritto al lavoro.
Alessio Muccioli
Riproduzione riservata ©