Equità, efficacia del provvedimento e concertazione. Queste le linee guida seguite dal Governo per arrivare alla riforma del sistema pensionistico. Per il Psd si tratta di un intervento strategico, “per salvare i fondi pensionistici – spiega il presidente Giuseppe Morganti – che oggi sono ancora in attivo, per circa 130 milioni di euro, ma che nel giro di tre anni sarebbero andati in sofferenza. Intervenire era dunque necessario. Il testo definitivo, licenziato dalla competente Commissione – aggiunge – si avvicina alle aspettative di partiti e forze sociali, anche se certo non potrà soddisfare tutti”. Il nodo del contendere era proprio come intervenire: “L’attuale sistema – afferma il segretario Mauro Chiaruzzi – prevede che siano i lavoratori a pagare le pensioni a chi non lavora. Il nostro tasso di sostituzione è tra i più alti d’Europa e andava cambiato: introdurre un secondo pilastro, il sistema contributivo obbligatorio, era l’unico modo per mantenere il primo sistema. La combinazione tra i due determinerà un tasso di sostituzione più accettabile”. La legge fissa ai 65 anni l’età pensionabile, a regime però solo nel 2017, inoltre aumenteranno le aliquote contributive, anche queste diluite nel tempo: in 4 anni quelle a carico dei lavoratori arriveranno al 2%, al 4 per i datori di lavoro. Novità assoluta è l’istituzione del Fondo di perequazione previdenziale, una sorta di salvadanaio, spiega il Psd, per chi andrà in pensione a riforma approvata. E già con la prossima finanziaria il bilancio dello Stato stanzierà un contributo, impegnandosi a stabilirlo per almeno 5 anni.
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