“Nonostante l’espulsione, la corrente continuerà ad esistere – afferma Gianluigi Macina – ma sotto forma di comitato per raggiungere gli obiettivi che ci è stato impedito di perseguire all’interno della CSdL. Saranno intraprese iniziative, anche legali, per tutelare i nostri diritti”. “Ci accusano di aver compiuto atti contrari all’unità della Confederazione e lesivi della sua immagine – commentano i promotori – ma la nostra è semplicemente voglia di cambiare le strategie sindacali per il bene dei lavoratori che rappresentiamo. La vera colpa imputata alla corrente – sostiene Giorgio Giovagnoli – non è quella di aver violato lo statuto, ma di aver costituito la corrente stessa, formalizzando la nostra opposizione alla dirigenza. C’è inoltre un grande assente nella relazione – fa notare ancora Giovagnoli – cioè l’imminente congresso. Con l’espulsione – dichiara – ci viene impedito di esprimere in maniera democratica il nostro dissenso in quella sede”. “Sono arrivati a questo – incalza Paolo Zafferani – perché agli attuali dirigenti fa paura una eventuale perdita di consenso insieme alla possibilità di dover tornare alle loro vecchie occupazioni”. Patrizia Dolcini, da aderente, non nasconde il profondo dispiacere per quanto è accaduto. Un atto irrispettoso del lavoro di chi ha alle spalle decenni di onesta militanza sindacale – osserva Maria Grazia Pasquinelli. La decisione non ci ha sorpresi – spiega infine Roberto Ciavatta – ciò che fa male è il documento che la accompagna, privo di qualsiasi spiegazione che giustifichi una tale sentenza. Valutazioni condivise anche da Otello Valentini, Massimo Bernardi, Roberto Ceccoli e da Marino Antimo Zanotti, secondo cui la corrente ha pagato anche per le scomode battaglie, vedi secondo pilastro e mercato del lavoro, condotte negli ultimi tempi.
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