Un premio nobel per l´economia, Robert Mundell; un vice primo ministro irlandese: quella Mary Harney protagonista della trasformazione irlandese da paese arretrato a ‘tigre celtica’ nel decennio scorso; personaggi della finanza internazionale come Oltmann Siemens, ex vice presidente della Worl Bank; un direttore della scuola di management del Mit; il ministro del turismo del principato di Monaco. Ai quali si aggiungono gli ex ministri italiani, Luigi Spaventa e Lucio Stanca, e l’economista Nicola Rossi.
Un parterre messo assieme da Valerio De Molli, di Ambrosetti, per un progetto ben preciso: ristrutturare completamente l´economia di San Marino. Il quadro tracciato racconta un caso di ristrutturazione economica di un intero territorio trattato come se fosse una riorganizzazione aziendale.
“Quello di cui si tireranno le fila il prossimo 15 giugno sul Titano – scrive Stefano Carli - è il momento clou di un’avventura partita diversi mesi fa, per iniziativa delle banche e dell’Associazione industriali”.
Il problema era di capire perché San Marino fosse nei fatti molto distante dall’immagine di paradiso fiscale che il senso comune gli ha affibbiato e che non corrisponde alla realtà. Non è nella ‘lista nera´ stilata dall´Ocse e nemmeno nell´elenco dei paesi a fiscalità privilegiata redatta dal ministero delle Finanze. San Marino ha invece una economia essenzialmente industriale. Il pil pro-capite è la metà del Liechtenstein ed è appena sopra la Provincia Autonoma di Trento, la più ricca delle Regioni italiane. Poco meno della metà della ricchezza dello Stato viene dall´industria. La finanza conta circa il 15%. Il sistema bancario ha una raccolta di 12 miliardi di euro: la metà delle Marche e un decimo dell´Emilia Romagna. Il commercio pesa relativamente poco. Il turismo, nonostante al vicinanza alla riviera adriatica, viene definito marginale e in calo. San Marino non ha gli hotel a cinque stelle di Montecarlo, né ristoranti di pari livello. Attira un turismo popolare, molto numeroso (e quindi costoso da gestire in termini di trasporti e servizi) ma poco redditizio. L’obiettivo è di definire un futuro per San Marino in accordo con l´Italia attraverso un progetto articolato in quattro aree di intervento: finanza, turismo, industria, economia della conoscenza. Una delle ipotesi, prosegue “la Repubblica”, potrebbe essere quella di cominciare a far concorrenza a Irlanda e Olanda, a Lussemburgo e Liechtenstein come sede di quartier generale di multinazionali.
O anche come sede legale di marchi proprietari.
Un´offerta che può far leva sulla fiscalità più leggera dello Stato. Da creare ex novo invece il polo dell´economia della conoscenza: un centro universitario di alto livello in grado di attirare risorse e cervelli per ricerche nei più diversi settori. La contropartita, conclude l’analisi de “la Repubblica”, è che San Marino ammorbidisca almeno in parte il suo carattere chiuso: oggi per ottenere la residenza ci vogliono almeno cinque anni.
Un parterre messo assieme da Valerio De Molli, di Ambrosetti, per un progetto ben preciso: ristrutturare completamente l´economia di San Marino. Il quadro tracciato racconta un caso di ristrutturazione economica di un intero territorio trattato come se fosse una riorganizzazione aziendale.
“Quello di cui si tireranno le fila il prossimo 15 giugno sul Titano – scrive Stefano Carli - è il momento clou di un’avventura partita diversi mesi fa, per iniziativa delle banche e dell’Associazione industriali”.
Il problema era di capire perché San Marino fosse nei fatti molto distante dall’immagine di paradiso fiscale che il senso comune gli ha affibbiato e che non corrisponde alla realtà. Non è nella ‘lista nera´ stilata dall´Ocse e nemmeno nell´elenco dei paesi a fiscalità privilegiata redatta dal ministero delle Finanze. San Marino ha invece una economia essenzialmente industriale. Il pil pro-capite è la metà del Liechtenstein ed è appena sopra la Provincia Autonoma di Trento, la più ricca delle Regioni italiane. Poco meno della metà della ricchezza dello Stato viene dall´industria. La finanza conta circa il 15%. Il sistema bancario ha una raccolta di 12 miliardi di euro: la metà delle Marche e un decimo dell´Emilia Romagna. Il commercio pesa relativamente poco. Il turismo, nonostante al vicinanza alla riviera adriatica, viene definito marginale e in calo. San Marino non ha gli hotel a cinque stelle di Montecarlo, né ristoranti di pari livello. Attira un turismo popolare, molto numeroso (e quindi costoso da gestire in termini di trasporti e servizi) ma poco redditizio. L’obiettivo è di definire un futuro per San Marino in accordo con l´Italia attraverso un progetto articolato in quattro aree di intervento: finanza, turismo, industria, economia della conoscenza. Una delle ipotesi, prosegue “la Repubblica”, potrebbe essere quella di cominciare a far concorrenza a Irlanda e Olanda, a Lussemburgo e Liechtenstein come sede di quartier generale di multinazionali.
O anche come sede legale di marchi proprietari.
Un´offerta che può far leva sulla fiscalità più leggera dello Stato. Da creare ex novo invece il polo dell´economia della conoscenza: un centro universitario di alto livello in grado di attirare risorse e cervelli per ricerche nei più diversi settori. La contropartita, conclude l’analisi de “la Repubblica”, è che San Marino ammorbidisca almeno in parte il suo carattere chiuso: oggi per ottenere la residenza ci vogliono almeno cinque anni.
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