Cade lo sbarramento alle quote d’esportazione nella UE, cade una misura protezionistica adottata dal 1995 e dopo tre mesi gli effetti sul sistema moda e sul comparto tessile si fanno evidenti anche a San Marino. Allineata alle direttive comunitarie, visto l’accordo di cooperazione doganale, e direttamente dipendente dal mercato italiano, per la Repubblica la crisi che si prospetta più mite nell’immediato, considerando che già la Repubblica si è mossa verso la delocalizzazione delle produzioni della moda, ma comunque una crisi irreversibile, già dagli anni ’80. Sono i sindacati a fornire i dati: “A San Marino resta poca produzione, circa il 10%, ma se una volta i tessili erano 1200 su 9000 addetti, ora sono poco più di 500: dal 2003 al 2004 sono passati da 542 a 522.
Dati ben più gravi si registrano in Italia: tremila posti perduti in Emilia-Romagna nel 2004, 800mila posti a rischio in tutto lo stivale per il 2005, ma anche in Repubblica i rimedi contro gli effetti della liberalizzazione i rimedi sono gli stessi: delocalizzare, andare su mercati più competitivi come Cina, pakistan, India. E dal segretario federazione industria della CDLS, Giorgio Felici una indicazione di prospettiva: “la scommessa per il futuro – dichiara – si chiama innovazione”.
Dati ben più gravi si registrano in Italia: tremila posti perduti in Emilia-Romagna nel 2004, 800mila posti a rischio in tutto lo stivale per il 2005, ma anche in Repubblica i rimedi contro gli effetti della liberalizzazione i rimedi sono gli stessi: delocalizzare, andare su mercati più competitivi come Cina, pakistan, India. E dal segretario federazione industria della CDLS, Giorgio Felici una indicazione di prospettiva: “la scommessa per il futuro – dichiara – si chiama innovazione”.
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