Quattro anni e mezzo è una pena non adeguata al delitto commesso e alla personalità dell'imputato, dichiara, nelle motivazioni della sentenza, la Corte d'Appello di Bologna, pur precisando che non può essere aumentata, per il divieto di aggravare la condanna quando – come in questo caso - è l'imputato a proporre ricorso. Fosse per questa vicenda Lolli, già dal verdetto di primo grado del 3 febbraio 2021, sarebbe a piede libero, ma l'autore della maxitruffa “Rimini Yacht” è ancora in custodia cautelare in carcere, a Ferrara, per altre accuse e cioè associazione a delinquere finalizzata al terrorismo e al traffico internazionale di armi.
Il procedimento gli venne notificato al rientro in Italia il 1° dicembre 2019, quando – dopo 9 anni di latitanza - venne estradato dalla Libia, dove nel frattempo era stato condannato all'ergastolo. Per il 28 febbraio è fissata in Corte D'Assise a Roma l'ultima udienza di questo processo e proprio oggi il suo avvocato Claudia Serafini ha depositato una memoria difensiva di 120 pagine. A Lolli viene contestato di aver diretto e finanziato l’associazione terroristica denominata Majlis Shura Thuwar Bengasi quale “Comandante delle forze rivoluzionarie della marina di Tripoli”, mettendo a disposizione due barche destinate al traffico di armi. La difesa di Lolli tenta di smontare il castello accusatorio sostenendo, tra l'altro, non vi siano prove che l'ex patron di Rimini Yacht fosse a bordo dell'imbarcazione “El Mukthar/Mephisto” quando nel maggio e nel giugno del 2017, secondo l'accusa, furono rinvenute armi da un controllo operato da due navi dell'Operazione dell'Unione Europea “Sophia”, per la sicurezza marittima e il contrasto all'immigrazione clandestina.