Non parliamo di emergenza, dice subito Marco Impagliazzo, quest'anno sono sbarcate 113mila persone, contro le 181mila del 2016. Spesso però viene trattata come tale. Prima proposta, salvare vite, portare le persone nei porti più vicini. Poi aumentare il numero dei reinsediamenti, viaggi in aereo e non sui barconi spesso mortali, e una volta giunti in Italia servono centri di accoglienza diffusi nel territorio, con programmi di ripopolamento, con famiglie, soprattutto integrazione pensata, a partire dall'insegnamento dell'italiano. C'è chi ha già usufruito dei corridoi umanitari di Sant'Egidio, arrivando regolarmente in Italia dopo l'inferno della guerra, e oggi si dice felice. Dalla prima tappa in Libano, aggiunge, molti vanno per mare, ma questa scelta vuol dire morire. Sant'Egidio chiede anche di allargare la quota delle badanti: attualmente solo 9.500 su 450mila ingressi previsti nel prossimo decreto flussi. Certo, conclude Impagliazzo, l'Italia va aiutata perché spesso è lasciata sola, soprattutto nella ricollocazione.
Nel video le interviste a Marco Impagliazzo, presidente Comunità di Sant'Egidio, e a Mohamad Naasan, rifugiato siriano