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Manovra blindata, il governo pone la fiducia. È battaglia sul nodo autostrade

Posizioni distanti all'interno della maggioranza in caso di revoca, decadenza o risoluzione delle concessioni

23 dic 2019
Immagine di repertorio
Immagine di repertorio

Il governo ha posto la fiducia alla manovra, all'esame della Camera. Oggi prima il voto per la fiducia e poi sulla manovra da 32 miliardi. Nel corso dell'esame in Aula, le opposizioni si sono scagliate contro la compressione dei tempi e l'impossibilità di mettere mano a un testo arrivato blindato dal Senato. Lega, Fdi e Forza Italia hanno parlato di "scempio", di "Schiaffo al parlamento", di "pagina buia della democrazia". "Anche io non sono contento dei tempi - ha risposto Roberto Fico - non potrei esserlo da presidente della Camera e da deputato. Capisco le rimostranze, ma non ho violato in alcun modo il regolamento".

Intanto lo scontro sul Milleproroghe non ha ancora trovato una traduzione definitiva nei testi. punti sensibili sono quelli più sottoposti a revisione. Il nodo autostrade è affrontato in una norma che affida la gestione temporanea ad Anas in caso di revoca, decadenza o risoluzione delle concessioni. Un passaggio ulteriore definisce cosa spetti al concessionario e cosa allo Stato in termini di penali e risarcimenti. Applicato alla vicenda del Ponte Morandi, si tratta di definire il destino di quei 20-25 miliardi che la convenzione riconosce ad Autostrade per i mancati ricavi. L'intento del Milleproroghe è attenuare o azzerare quest'impatto negativo sui conti pubblici, con una disposizione che, di fatto, annulli quanto previsto dagli accordi precedenti.

"Per noi - dice Di Maio - questa è una battaglia di civiltà, perché serve giustizia per le vittime del ponte Morandi”. Leu è su posizioni non distanti. Ma il Pd non la pensa così. E Italia Viva, che in consiglio dei ministri non ha votato la norma, chiede che il tema venga affrontato in Parlamento e non "surrettiziamente" nella bozza di un decreto. Quanto previsto nel Milleproroghe "non credo sia un primo passo verso la revoca", ha detto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, spiegando che si tratta di "un atto che rende più forte la dimensione pubblica nei confronti dei concessionari", ma che "non vanno fatti giudizi sommari. Una revoca - ha concluso - sarebbe talmente traumatica che ci dovrebbero essere motivi talmente evidenti da dover essere tutti d'accordo".



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