C'è chi si dispiace, chi parla di grave errore, chi è tentato di stappare una bottiglia di spumante. Sono le più disparate le reazioni di politici e commentatori alla notizia dell'addio al Pd dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, partito del quale è stato anche segretario, ed ora senatore. Con lui, se ne vanno circa una trentina di parlamentari, 20 alla Camera e 10 al Senato: i fedelissimi, Maria Elena Boschi, Ettore Rosato e Roberto Giachetti, ma non Luca Lotti ad esempio, né Andrea Marcucci, e tra i seguaci anche le neo esponenti di governo Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. “Sarà un bene per tutti – ha detto Renzi – Non credo ad una unità di facciata, ed ora il segretario Zingaretti non avrà più alibi per dire che non controlla i gruppi parlamentari, visto che questi ora sono 'derenzizzati'”. Proprio Zingaretti definisce la scissione “Un errore. Ci dispiace. Ma ora pensiamo al futuro degli italiani”. E nonostante, in una telefonata, Renzi abbia tranquillizzato il presidente del Consiglio che il sostegno al governo non verrà meno, fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che Conte ha “espresso perplessità su una iniziativa non anticipata al momento della formazione del governo”. Perché una simile decisione ora? Per i sondaggisti, il nuovo soggetto politico dovrebbe attestarsi tra il 3 e il 5%. Ma lo stesso Renzi fa intendere di poter allargare il proprio consenso anche a transfughi da altri partiti.
Nel video l'intervista a Gavin Jones, corrispondente di Reuters e membro dell'Associazione Stampa Parlamentare