Lo studio è ancora in corso di pubblicazione sulla rivista European Heart Journal, ma i primi dati non sono confortanti. Considerando 54 ospedali, nella settimana dal 12 al 19 marzo, la mortalità per infarto è triplicata rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, passando dal 4,1 al 13,7%. Lo spiega Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC), indicando che durante la pandemia del nuovo coronavirus, i ricoveri si sono ridotti del 60%, mentre si sono allungati i ritardi (i tempi di arrivo negli ospedali sono aumentati del 39%). Nonostante la pandemia Covid 19 si sia concentrata nel Nord Italia, la riduzione dei ricoveri per infarto è stata registrata in modo omogeneo in tutto il Paese: Nord e Sud 52,1% e 59,3% al Centro.
Gli esperti avvertono: abbassare la guardia sulle malattie cardiovascolari, responsabili di circa 260mila decessi ogni anno, e non ricostruire la rete dell'emergenza cardiologica, potrebbe essere molto pericoloso. "Se questa tendenza dovesse persistere e la rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19", aggiunge Indolfi, Ordinario di Cardiologia Università Magna Graecia di Catanzaro. "L'organizzazione degli Ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19 - spiega - e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi e per timore del contagio i pazienti ritardano l'accesso e arrivano in condizioni sempre più gravi, con complicazioni, che rendono molto meno efficaci le cure salvavita come l'angioplastica primaria”.