Dall'11 luglio Cuba sembra aver fatto un viaggio indietro nel tempo fino agli anni '50, quando il movimento di Fidel Castro salì al potere dopo gli scontri con la dittatura dell'epoca. Lo Stato sta attraversando una crisi economica molto grave, che ha aumentato l'inflazione addirittura del 500%, portando il prezzo degli alimenti a livelli altissimi, e moltissime persone a non poter disporre di luce e acqua corrente in casa. A questo si aggiunge la questione della pandemia, che oltre ad aver visto un'improvvisa ripresa nell'ultimo mese, ha comportato un calo del Pil cubano dell'11%.
A questo si aggiungono le limitazioni al turismo, che hanno colpito l'economia di tutti gli Stati. Tutti questi fattori hanno portato il popolo cubano a scendere in piazza a partire da domenica 11 luglio, nonostante le repressioni violente della polizia, che hanno comportato l'arresto di decine di persone, e anche alcune vittime. Ma se da un lato c'è chi critica il governo, ci sono state anche molte manifestazioni a suo sostegno, che individuano la causa della crisi in fattori esterni, in particolare l'atteggiamento che gli Stati Uniti hanno avuto negli anni contro questa realtà, ostacolandone la crescita, come sottolinea Graziano Bartolini. Una situazione difficile in cui, continua Bartolini, l'azione del presidente Miguel Diaz Canel non ha portato effetti positivi, ma ha solo creato ulteriori dissidi interni alla popolazione, in un momento in cui non non c'era alcun bisogno.
Nel video l'intervista a Graziano Bartolini, fotoreporter