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Allarme deforestazione post-Covid: i governi allenteranno i controlli in favore dell'economia

Nel 2019 si è persa un'area di foresta pluviale grande quanto la Svizzera

di Filippo Mariotti
3 giu 2020
Foto: Greenpeace
Foto: Greenpeace

Secondo i dati diffusi da Global Forest Watch, una piattaforma realizzata dall’istituto di ricerca ambientale World Resources Institute che monitora le foreste in tutto il mondo, nel solo 2019 sono stati distrutti quasi 3,8 milioni di ettari di foreste tropicali primarie. Sono le cosiddette 'foreste vergini', utili ad assorbire anidride carbonica (CO2) e a preservare la biodiversità. Si tratta di una estensione di poco inferiore a quella della Svizzera. Considerando anche le foreste più recenti, sono stati distrutti invece 12 milioni di ettari. I dati sono stati ricavati dall'Università del Maryland, analizzando fotografie satellitari di tutto il pianeta. Secondo i calcoli della piattaforma online, la perdita di foreste dello scorso anno ha comportato un mancato assorbimento di quasi due miliardi di tonnellate di anidride carboniche, il principale responsabile del riscaldamento globale. Una quantità di CO2 maggiore, scrive ilpost.it, di quella emessa da tutti i veicoli a motore su strada degli Stati Uniti in un anno. Se si analizza l'ultimo ventennio, la situazione è ancora più preoccupante. Dall'inizio del millennio, infatti, il mondo ha perso circa il 10% delle foreste tropicali.

Per il secondo anno consecutivo, a far peggio di tutti è il Brasile che, nel 2019, ha perso più di 1,3 milioni di ettari di foresta primaria. Da sola rappresenta più di un terzo del totale mondiale. Le cause sono da attribuirsi alla deforestazione, agli incendi e alle politiche del presidente Bolosonaro, favorevole all'espansione delle aree agricole. Quello passato è stato un anno nero anche per la Bolivia che ha perso quasi il doppio della foresta primaria che aveva perso nel 2018, a causa soprattutto degli incendi. Lo studio cita poi i casi della Repubblica Democratica del Congo, dell’Indonesia, della Colombia e dell'Australia.

Nonostante alcuni apparenti successi nel rallentare la perdita di foreste, riferisce lo studio, la crisi economica causata dalla pandemia di COVID-19 potrebbe portare conseguenze gravi. È infatti alto il rischio che i Paesi siano più morbidi nel controllare l'opera di disboscamento. “Invece di sacrificare le foreste in favore della ripresa economica – si legge -, che porterà solo a future complicazioni per la salute e per il sostentamento di milioni di persone in tutto il mondo, i governi dovrebbero investire nel ripristino e nella sana gestione delle foreste”. Così facendo, si creeranno posti di lavoro, si contribuirà a economie più sostenibili e, allo stesso tempo, si proteggeranno gli ecosistemi boschivi di cui il nostro mondo ha bisogno.


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