
Cartina tornasole di approcci divergenti sul dossier russo-ucraino, le reazioni al devastante strike sul centro di Sumy nella Domenica delle Palme; costato la vita a 34 persone. Duro lo stigma delle cancellerie europee; con il corollario della nuova apertura del cancelliere tedesco in pectore Merz a forniture di missili Taurus a Kiev. Tutt'altra postura Washington; che in ambito G7 – secondo l'agenzia Bloomberg - avrebbe addirittura rifiutato il sostegno ad un comunicato di condanna dell'attacco russo, citando il desiderio di mantenere margini di trattativa con Mosca. Senza contare - all'indomani della strage - gli attacchi di Trump contro Biden e Zelensky: rei – a suo avviso - di aver consentito che la guerra iniziasse; solo in un secondo tempo aveva puntato il dito anche contro Putin. Paiono ai minimi termini le attuali relazioni tra Washington e Kiev; dura replica del Vicepresidente Vance al leader ucraino, che lo aveva accusato di “giustificare in qualche modo” l'invasione russa. Zelensky nel frattempo ha licenziato il capo dell'amministrazione di Sumy per “negligenza”; e ciò dopo che un sindaco aveva rivelato come nel corso dell'attacco si stesse tenendo una cerimonia di consegna di medaglie ai soldati di una Brigata. Una riunione di ufficiali, la versione di Mosca; che segnala a sua volta la morte di un'anziana in un attacco sulla città di Kursk, e l'uccisione di 19 civili, nell'ultima settimana. Sullo sfondo gli strali contro l'Alto Rappresentante UE, che aveva diffidato i leader dei Paesi candidati all'ingresso nell'Unione dal partecipare alla parata del 9 Maggio che celebra la vittoria sovietica nella Seconda Guerra Mondiale. Il Presidente della Duma ha chiesto che Kaja Kallas venga processata da un Tribunale ONU. In un quadro così deteriorato il tentativo della Casa Bianca di tenere comunque aperto il negoziato. Stando all'inviato speciale Witkoff Putin sarebbe aperto ad una accordo di “pace permanente”. L'impressione tuttavia è che il Cremlino intenda prendere tempo. “Difficile aspettarsi risultati immediati”, ha detto oggi Peskov; che ha accusato i Paesi europei di “lavorare in nome della guerra”.