Saranno le popolazioni più povere di Africa e Asia a pagare il prezzo più alto del riscaldamento globale antropogenico. Secondo le previsioni del rapporto "Cambiamento climatico e territorio" del comitato scientifico dell'Onu sul clima (Ipcc) - preparato da 66 ricercatori da tutto il mondo, fra i quali l'italiana Angela Morelli -, aumenteranno siccità e piogge estreme in tutto il mondo, pregiudicando la produzione agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. Da qui è facile supporre le conseguenze: guerre e migrazioni.
Anche con un riscaldamento globale a 1,5 gradi dai livelli pre-industriali (l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di parigi sul clima del 2015), vengono valutati "alti" i rischi da scarsità d'acqua, incendi, degrado del permafrost e instabilità nella fornitura di cibo. Ma se il cambiamento climatico raggiungerà o supererà i 2 gradi (l'obiettivo minimo di Parigi), i rischi saranno "molto alti".
Non solo Africa e Asia: anche il Mediterraneo è ad alto rischio di desertificazione e incendi. La stabilità delle forniture di cibo è previsto che calerà all'aumento della grandezza e della frequenza degli eventi atmosferici estremi, che spezzano la catena alimentare. Livelli aumentati di CO2 possono anche abbassare le qualità nutritive dei raccolti. Nelle regioni aride, il cambiamento climatico e la desertificazione causeranno riduzioni nella produttività dei raccolti e del bestiame.
Quindi come contribuire a ridurre le emissioni di gas serra, e quindi il riscaldamento globale? Per l'Ipcc è fondamentale la gestione del territorio tramite la produzione sostenibile di cibo, la conservazione degli ecosistemi, la riduzione della deforestazione, della perdita e dello spreco di cibo. Fra le misure immediatamente efficaci vi è la salvaguardia e la conservazione degli ecosistemi che catturano grandi quantità di carbonio, come le paludi, le zone umide, i pascoli, le mangrovie e le foreste. Nelle grandi aree verdi, piante e alberi catturano l'anidride carbonica dell'atmosfera e la conservano in tronchi e foglie. Questi in seguito si decompongono a terra e lasciano la CO2 imprigionata nel terreno.