La giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, di 51 anni, è stata uccisa durante uno scontro tra soldati israeliani e palestinesi - a Jenin, nel nord della Cisgiordania -, nonostante indossasse un giubbotto antiproiettile con su scritto “press”, per identificarla come reporter. Ferito anche un altro cronista, della testata palestinese Al Kuds, con un colpo di pistola alla schiena; non sarebbe in pericolo di vita. La giornalista lavorava per la televisione qatariota dal 1997. Per la dirigente Nida Ibrahim si tratta di un “palese omicidio”, “in violazione di tutte le norme internazionali”. Alcuni video mostrerebbero l'uccisione, per un colpo diretto alla testa, da parte di soldati israeliani. Anche l’ambasciata statunitense in Israele e la missione dell’Unione europea a Gerusalemme hanno chiesto di fare piena luce sull’accaduto, mentre l’Autorità nazionale palestinese chiede una indagine da parte della Corte penale internazionale. Il presidente Anp, Abu Mazen, ritiene che il governo israeliano sia “responsabile di questo atroce crimine di esecuzione”. Sottolineando come faccia parte “della politica quotidiana perseguita dall’occupazione contro il nostro popolo, la sua terra e i suoi luoghi santi”. "Accusa senza prove", si difende il primo ministro israeliano Bennett, che contrattacca: “C'è una probabilità da non scartare che palestinesi armati che sparavano in modo selvaggio abbiano provocato la dolorosa morte della giornalista".