Poche ore fa il premier israeliano Netanyahu ha accolto a Gerusalemme il primo ministro d'Etiopia, Ahmed Ali, ricordando la visita della regina di Saba al re Salomone tremila anni fa e proponendo collaborazioni nei settori della tecnologia, della sicurezza e dell’agricoltura. A due settimane dalle elezioni, Netanyahu vuole non solo ingraziarsi la comunità etiope, che conta centotrentamila persone, ma anche cercare di placare gli animi per l’uccisione di due giovani etiopi da parte di due poliziotti. E sembrano quasi lontanissimi gli scontri di ieri al confine col Libano con i miliziani di Hezbollah. Dopo aver distrutto l’ennesimo impianto iraniano di missili, una settimana fa Israele aveva inviato due droni sulla periferia di Beirut quale deterrente. Ieri la vendetta di Hezbollah, annunciata da giorni: alcuni razzi anticarro hanno colpito una base israeliana, che per risposta ha sparato 40 colpi di mortaio contro la postazione da cui erano partiti i missili. L'esercito israeliano ha organizzato una finta evacuazione di soldati "feriti" da Hezbollah, una tattica per convincere i miliziani sciiti che la ritorsione fosse sufficiente, mentre in realtà non aveva causato vittime.
Ora al confine tutto tace. Netanyahu non ha alcuna intenzione di scatenare una guerra a due settimane dalle elezioni. Il Libano non ha interesse a un’escalation proprio mentre il governo di Beirut sta trovando un accordo con quello di Gerusalemme per lo sfruttamento congiunto di un grande giacimento di gas sulle coste al confine tra i due Paesi. L’incognita sarebbe rappresentata dai miliziani di Hezbollah, il Partito di Dio manovrato dall’Iran che siede anche nel parlamento libanese, e che potrebbe trascinare il Paese in una guerra contro Israele. Ma il capo Nasrallah ha trasmesso un messaggio attraverso la Francia, l’Egitto e il premier libanese Hariri chiedendo a Israele di non rispondere al fuoco di ieri. E infatti la reazione israeliana è stata minima. C’è chi ritiene che Nasrallah volesse arrestare i combattimenti perché intendeva mettervi fine con onore, ma il motivo è un altro: Hezbollah è stato frenato da Teheran, che in questo momento deve tenere un profilo basso perché il Presidente americano Trump sta facendo alcuni passi verso un tentativo di intesa con l’Iran, che per gli ayatollah significherebbe la fine delle sanzioni economiche. Uno sforzo che vale l’attesa, anche se condita dalle solite minacce nucleari di Teheran all’Europa se non troverà il modo di fargli vendere il suo petrolio entro una settimana.
Massimo Caviglia