A poche ore dal voto per le elezioni politiche israeliane, il risultato più probabile è che dalle urne domani difficilmente uscirà un vincitore. I laburisti di sinistra del partito Meretz sono addirittura a rischio soglia di sbarramento, che attualmente è al 3,25 percento. Invece, dopo il successo dell’accordo con il Libano per i confini marittimi, e l’inizio dello sfruttamento del giacimento di Karish, che porterà il gas israeliano in Europa, il premier e leader di centro Lapid sta puntando a costruire anche una base elettorale araba, il 20% della popolazione, con la speranza che almeno i cittadini arabo-cristiani di tale comunità lo votino, in aggiunta agli elettori del partito islamico Ra'am, che fa già parte della coalizione di centro-sinistra. Da parte sua, l’ex premier Netanyahu ha invitato gli elettori dei partiti ultra-ortodossi a recarsi alle urne e ha indicato quale Ministro della Pubblica Sicurezza nel suo eventuale governo il leader dell’estrema destra Ben Gvir che - alleato a Smotrich, capo del partito sionista religioso - diverrebbe il terzo gruppo dopo il Likud di Netanyahu e Yesh Atid di Lapid. Sugli esiti del voto è intervenuto il consigliere del Ministro degli Affari Esteri palestinese il quale ha affermato che “i risultati delle elezioni avranno un impatto sui palestinesi e sul conflitto con Israele”, augurandosi che emerga “un vero partner per la pace”. Ma, nonostante i sondaggi indichino Netanyahu quale favorito, nell’eventualità che la sua coalizione non riuscisse a raggiungere i 61 seggi utili ad ottenere la maggioranza in parlamento, si creerà di nuovo una situazione di stallo come in passato.
Massimo Caviglia