Gli Special Olympics World Games si sono chiusi, ma la fiamma che hanno acceso qui negli Emirati Arabi gli atleti speciali non si spegnerà. Almeno secondo quanto promesso dal palco durante la cerimonia di chiusura di quello che è stato il più grande evento sportivo ed umanitario del 2019: il Governo e le istituzioni, hanno dichiarato, lavoreranno per trasformare la parola inclusione in fatti concreti. Con un programma in 31 punti che toccherà lo sport, l'educazione, la salute, la cultura e più in generale la qualità della vita delle persone con disabilità intellettiva.
Secondo i numeri di una ricerca commissionata dal comitato Special Olympics prima dell'inizio dei mondiali, il 93% dei cittadini emiratini con disabilità sono disoccupati. E anche nelle scuole la situazione non è migliore: un recente sondaggio, condotto su un campione di 4250 persone in otto paesi del Medio Oriente, tra i quali anche gli Emirati, ha evidenziato un pensiero dominante tra la popolazione; la maggioranza è convinta che le persone con disabilità intellettive debbano frequentare scuole speciali piuttosto che essere integrate nel sistema scolastico mainstream.
Dal ministero dello Sviluppo comunitario è stato quindi deciso di partire proprio dall'educazione, con la creazione di un programma nazionale, dedicato per ora alle sole scuole pubbliche, qui frequentate esclusivamente dagli emiratini, che unirà studenti con e senza disabilità in iniziative sportive e ludiche. Sarà inoltre fondata la Mothers of Determination Association, portavoce dei bisogni e delle necessità delle famiglie. "Siamo solo all'inizio del nostro viaggio - ha sottolineato Tala Al Ramahi, responsabile dell'ufficio strategy degli Special Olympics Games di Abu Dhabi - ma sono molo felice di sapere che c'è un impegno e che esiste già un percorso per continuare a lavorare sull'inclusione".
Sotto lo slogan #BeUnified, negli Emirati la sfida più difficile comincerà proprio
ora, con l'augurio che l'impegno prosegua davvero e che serva da esempio anche agli altri Paesi della Regione e dell'Africa, soprattutto, che guardano agli Emirati come ad un modello di sviluppo.
Elisabetta Norzi
Secondo i numeri di una ricerca commissionata dal comitato Special Olympics prima dell'inizio dei mondiali, il 93% dei cittadini emiratini con disabilità sono disoccupati. E anche nelle scuole la situazione non è migliore: un recente sondaggio, condotto su un campione di 4250 persone in otto paesi del Medio Oriente, tra i quali anche gli Emirati, ha evidenziato un pensiero dominante tra la popolazione; la maggioranza è convinta che le persone con disabilità intellettive debbano frequentare scuole speciali piuttosto che essere integrate nel sistema scolastico mainstream.
Dal ministero dello Sviluppo comunitario è stato quindi deciso di partire proprio dall'educazione, con la creazione di un programma nazionale, dedicato per ora alle sole scuole pubbliche, qui frequentate esclusivamente dagli emiratini, che unirà studenti con e senza disabilità in iniziative sportive e ludiche. Sarà inoltre fondata la Mothers of Determination Association, portavoce dei bisogni e delle necessità delle famiglie. "Siamo solo all'inizio del nostro viaggio - ha sottolineato Tala Al Ramahi, responsabile dell'ufficio strategy degli Special Olympics Games di Abu Dhabi - ma sono molo felice di sapere che c'è un impegno e che esiste già un percorso per continuare a lavorare sull'inclusione".
Sotto lo slogan #BeUnified, negli Emirati la sfida più difficile comincerà proprio
ora, con l'augurio che l'impegno prosegua davvero e che serva da esempio anche agli altri Paesi della Regione e dell'Africa, soprattutto, che guardano agli Emirati come ad un modello di sviluppo.
Elisabetta Norzi
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