Da toponimo sconosciuto, prima del conflitto, ad epopea guerresca; o “tritacarne”, nella narrazione brutale del capo dei mercenari russi. Innumerevoli i caduti a Bakhmut. La battaglia più lunga sarebbe oggi giunta all'epilogo; questo, almeno, ciò che ha sostenuto in un video il leader della Wagner. Abbiamo preso l'intera città, ha detto Prigozihn; per poi annunciare il passaggio di consegne all'esercito regolare entro il 25 maggio. Prevedibile l'immediata smentita di Kiev, che pure ha ammesso come la situazione sia “critica”. Difficile stabilire dove stia la verità. Di certo fino a ieri in mano ucraina restava una piccola frazione dell'area urbana; e il controllo di una serie di edifici in rovina poco incide da un punto di vista tattico. Enorme invece la portata propagandistica del “missione compiuta”. Anche se la coincidenza temporale con l'anniversario della caduta di Mariupol – altro choc per gli ucraini -, potrebbe far pensare ad un annuncio anticipato per motivi simbolici e politici. Specie per un personaggio divorato dall'ambizione come Prigozhin; in rotta di collisione con i vertici militari, ai quali pare intenzionato a lasciare una vera e propria patata bollente. Nelle aree a nord e a sud della città, infatti, da giorni le forze di Kiev avanzano in profondità. C'è anche chi ha ipotizzato come la tanto annunciata controffensiva possa puntare proprio su questo settore: non ancora fortificato dai russi, vista la situazione in divenire.
Le notizie provenienti da Bakhmut hanno in un qualche modo fatto passare in secondo piano l'atto conclusivo del G7; con l'arrivo a Hiroshima di Zelensky, per una fitta serie di bilaterali. “Oggi la pace diventerà più vicina”, ha dichiarato; ma puntano piuttosto ad una decisiva vittoria sul campo il Presidente ucraino e i cosiddetti “7 Grandi”. Linea dell'intransigenza confermata dall'ultimo passo sul dossier F-16. Il Ministero degli Esteri russo risposto paventando “rischi colossali”. Ma è ormai chiaro come le linee rosse tracciate da Mosca non abbiano più alcuna rilevanza, per l'Occidente a guida americana. Impegnato al contempo nell'Indo-Pacifico nella più strategica delle partite. I leader riuniti in Giappone hanno messo in guardia la Cina sulle sue “attività di militarizzazione” - è stato detto - nella Regione. Speculari, però, le accuse di Pechino; che parla di interferenze grossolane nei propri affari interni, sostenendo come nel G7 si sia “insistito nel manipolare le questioni relative a Taiwan”.