Dal micro al macro. A San Marino pare ormai certo come si voti in primavera. 26 maggio, stando ad alcuni; solo speculazioni al momento. Nessun dubbio invece su quello che a tutti effetti sarà il tema baricentrico della campagna elettorale: l'Accordo di Associazione con l'Unione Europea. Il Segretario Luca Beccari non aveva escluso nei giorni scorsi una ratifica ancor prima della chiamata alle urne; nel caso si prospetterebbe un percorso di informazione della cittadinanza a tappe forzate, chiudendo forse la “partita” con Bruxelles prima della tornata europea. Prevista tra il 6 e il 9 giugno; con i 27 dell'Unione al voto per eleggere i deputati dell'Europarlamento.
Da monitorare la tenuta degli attuali equilibri e l'eventuale ascesa di forze anti-establishment; anche alla luce dei sommovimenti politico-economici determinati dalla guerra in Ucraina, e con un altro conflitto ad alta intensità che lambisce il limes meridionale del Vecchio Continente.
Anno elettorale per eccellenza il 2024; al voto oltre la metà della popolazione del Globo: 4 miliardi di persone. Attese tornate in Paesi di forte rilevanza geopolitica: dall'India al Messico, dal Brasile alla Russia; a metà marzo le Presidenziali, pochi dubbi – visto il quadro - sul quinto mandato di Putin. Nello stesso mese sarebbero teoricamente previste le elezioni in Ucraina. Eventualità assai improbabile ad oggi, in un Paese sconvolto dalla guerra. Sul punto Zelensky è stato abbastanza chiaro.
Ad incidere sull'evoluzione del conflitto potrebbe essere piuttosto la corsa alla Casa Bianca, visti gli aiuti dai quali dipende pressochè in toto Kiev. Il 5 novembre l'”election day”, mentre si profila – salvo imprevisti - una sfida tra l'attuale Presidente Biden ed il suo predecessore, Donald Trump. Due idee distanti di America, in un Paese già percorso da profonde faglie, e impegnato – sullo scacchiere globale – in un braccio di ferro dagli sviluppi imprevedibili con Pechino. Epicentro del confronto Taiwan; dove si voterà a breve: il 13 gennaio. Proprio questa, paradossalmente, potrebbe essere la tornata più importante dell'anno.
“La Cina sarà sicuramente riunificata”, aveva ribadito nei giorni scorsi Xi Jinping; e le prospettive di una soluzione politica potrebbero dipendere in buona parte dall'esito del voto a Taipei. Notizia non buona, però, per la Repubblica Popolare, il mancato accordo su un candidato unico tra i due principali partiti di opposizione. Dissidi che potrebbero favorire l'ascesa alla presidenza di William Lai, del Partito Democratico Progressista, attualmente al governo. A quel punto – ad avviso di alcuni analisti – l'opzione militare, per Pechino, potrebbe essere più vicina; con tutte le conseguenze del caso.