Un sicuro perdente c'è: è il Partido Polular di Rajoy, che ha subito una catastrofica emorragia di consensi. Buona – invece – la performance degli unionisti di Ciudadanos: prima formazione, in questa tornata elettorale. Ma sono i partiti indipendentisti ad avere la maggioranza assoluta nel Parliament: Junts per Catalunya, Esquerra Republicana e Cup hanno infatti ottenuto complessivamente 70 seggi su 135. Il problema è che queste forze si sono presentate alle urne in ordine sparso, essendo naufragato il progetto di una lista unica indipendentista, vagheggiato da Carles Puigdemont. Quest'ultimo era a Bruxelles, a piede libero; mentre Oriol Junqueras - ex vice presidente - ha votato per posta, dal carcere in cui si trova rinchiuso con l'accusa di sedizione. Inevitabile, alla luce di ciò, un clima di sospetti e risentimento, all'interno dello stesso fronte favorevole all'indipendenza. A mettere all'incasso queste tensioni, allora, potrebbe essere il grande sconfitto di questa tornata: Mariano Rajoy, che oggi ha rifiutato l'invito – di Puigdemont - ad un faccia a faccia, fuori dalla Spagna. “Dovrei piuttosto incontrare la capolista di Ciudadanos, che ha vinto le elezioni” - ha detto il Premier. Nessuna sponda, al Presidente deposto della Catalogna, neppure dall'UE. “La nostra posizione su questa vicenda – ha dichiarato un portavoce della Commissione -, non cambierà”. Nel frattempo si avvicinano scadenze importanti: la sessione costitutiva dell’Assemblea catalana dovrà tenersi entro il 23 gennaio; e se per aprile non sarà stato possibile eleggere il nuovo presidente, vi saranno nuove elezioni a fine maggio. Il candidato naturale a ricevere la fiducia parlamentare sarebbe proprio Puigdemont, ma se tornasse in Spagna l'arresto sarebbe inevitabile. Rajoy – dal canto suo - ha promesso di restituire alla Catalogna piena autonomia politica e istituzionale se saprà dotarsi di un nuovo governo che rinunci a qualsiasi velleità secessionista.
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