Il bando per la privatizzazione della centrale del latte è l’ennesima presa in giro che il governo del bene comune vuole propinare al popolo sammarinese.
Il bando infatti ha improvvisamente preso forma dopo le vivaci critiche avanzate dalla cittadinanza e dall’opposizione per l’intenzione manifestata della segreteria di Stato competente e del governo di voler cedere la centrale del latte a un compratore italiano. Così, all’improvviso, si decideva di cedere la centrale del latte, un vero ‘bene comune’ di questo Paese, senza un minimo di dibattito preventivo e soprattutto senza un bando pubblico che stabilisse requisiti, modi, tempi e condizioni di vendita.
Ora il bando c’è ma ovviamente, come tutti i parti prematuri, soffre della precipitazione con cui è stato concepito. Anzitutto va fatto rilevare il ridicolo lasso di tempo concesso agli eventuali compratori che avranno si e no una decina di giorni di tempo - entro le ore dodici del 28 novembre, ebbene sì, proprio questo novembre - per esprimere la propria manifestazione di interesse all’acquisto. Entro quella data gli aspiranti dovranno presentare un dettagliato piano finanziario di investimenti, un piano industriale, gli investimenti tecnologici, quali interventi di ristrutturazione dell’immobile intendono effettuare, e infine depositare una fidejussione di 100.000 euro a garanzia dell’impegno di acquisto. Ma non è finita. Il bando precisa con molta cura che queste persone, fisiche o giuridiche che siano, debbono essere operatori del settore lattiero e caseario da almeno 5 anni, precisazione utile a togliere di mezzo gli industriali sammarinesi che a suo tempo avevano manifestato interesse all’acquisto della centrale del latte.
Ora se il governo ha già intavolato una trattativa privata con un gruppo o un azienda italiana, lo dica chiaramente, così da evitare le fatiche e il teatrino di un bando pubblico al quale, per evidenti ragioni di brevità dei termini, nessun altro se non la ditta già contattata dal governo potrà partecipare. Oppure il governo proroghi i termini della scadenza del bando affinché anche altri soggetti realmente interessati possano prenderne visione e parteciparvi. Questo andrebbe a tutto vantaggio dell’interesse pubblico e anche della ditta già interpellata, che si troverebbe a concorrere lealmente potendo dimostrare sopra ogni dubbio le proprie qualità e, in caso di successo, partire con il piede giusto e senza ombre in un settore delicato come quello del latte che, per sua natura, è oggetto di penetrante attenzione sociale.
Va rilevato inoltre che Il bando del governo non menziona l’obbligo di riassunzione di tutti i dipendenti attualmente impegnati nello stabilimento, e sembra sia già in corso una trattativa stato-sindacati per l’assunzione nel carrozzone della Pubblica Amministrazione dei lavoratori in esubero.
Se questa notizia fosse vera, non solo si dissolverebbe qualsiasi presunta o potenziale convenienza per lo Stato, ma il tutto si trasformerebbe nell’ennesima perdita economica e in un ulteriore spreco di risorse.
Per quale ragione un’attività che oggi garantisce un impiego a 20 lavoratori sammarinesi e sicurezza alle loro famiglie, che produce una discreta gamma di articoli, che nonostante le difficoltà è sempre riuscita a garantire la qualità, e infine che chiude il bilancio in pareggio, deve essere ceduta?
Nonostante la propaganda allarmistica del governo a noi risulta che gli impianti elettrici siano a norma e che attualmente le macchine in dotazione garantiscano qualità e igiene nella lavorazione del latte.
E’ cronaca di questi giorni che lo Stato intende ulteriormente indebitare tutti noi di altri 30 milioni di euro ma ci chiediamo per cosa? Per privatizzare aziende sane e accollarsi gli esuberi di personale? Per farsi belli a manifestazioni come il moto GP che si svolgono fuori territorio, costano un botto e portano nulla in Repubblica? Per finanziare meeting che producono strette di mano magari con personaggi poi risultati poco edificanti?
Perché lo Stato deve per forza svendere questa azienda? Se alla fine dovrà accollarsi buona parte del personale, non sarebbe meglio ristrutturare l’immobile (che mantiene nel tempo con grande dignità, le proprie caratteristiche di pregevole edificio industriale in una invidiabile cornice naturale) e continuare a cogestire un azienda che da molti decenni soddisfa i cittadini sammarinesi con i suoi prodotti?
Il bando infatti ha improvvisamente preso forma dopo le vivaci critiche avanzate dalla cittadinanza e dall’opposizione per l’intenzione manifestata della segreteria di Stato competente e del governo di voler cedere la centrale del latte a un compratore italiano. Così, all’improvviso, si decideva di cedere la centrale del latte, un vero ‘bene comune’ di questo Paese, senza un minimo di dibattito preventivo e soprattutto senza un bando pubblico che stabilisse requisiti, modi, tempi e condizioni di vendita.
Ora il bando c’è ma ovviamente, come tutti i parti prematuri, soffre della precipitazione con cui è stato concepito. Anzitutto va fatto rilevare il ridicolo lasso di tempo concesso agli eventuali compratori che avranno si e no una decina di giorni di tempo - entro le ore dodici del 28 novembre, ebbene sì, proprio questo novembre - per esprimere la propria manifestazione di interesse all’acquisto. Entro quella data gli aspiranti dovranno presentare un dettagliato piano finanziario di investimenti, un piano industriale, gli investimenti tecnologici, quali interventi di ristrutturazione dell’immobile intendono effettuare, e infine depositare una fidejussione di 100.000 euro a garanzia dell’impegno di acquisto. Ma non è finita. Il bando precisa con molta cura che queste persone, fisiche o giuridiche che siano, debbono essere operatori del settore lattiero e caseario da almeno 5 anni, precisazione utile a togliere di mezzo gli industriali sammarinesi che a suo tempo avevano manifestato interesse all’acquisto della centrale del latte.
Ora se il governo ha già intavolato una trattativa privata con un gruppo o un azienda italiana, lo dica chiaramente, così da evitare le fatiche e il teatrino di un bando pubblico al quale, per evidenti ragioni di brevità dei termini, nessun altro se non la ditta già contattata dal governo potrà partecipare. Oppure il governo proroghi i termini della scadenza del bando affinché anche altri soggetti realmente interessati possano prenderne visione e parteciparvi. Questo andrebbe a tutto vantaggio dell’interesse pubblico e anche della ditta già interpellata, che si troverebbe a concorrere lealmente potendo dimostrare sopra ogni dubbio le proprie qualità e, in caso di successo, partire con il piede giusto e senza ombre in un settore delicato come quello del latte che, per sua natura, è oggetto di penetrante attenzione sociale.
Va rilevato inoltre che Il bando del governo non menziona l’obbligo di riassunzione di tutti i dipendenti attualmente impegnati nello stabilimento, e sembra sia già in corso una trattativa stato-sindacati per l’assunzione nel carrozzone della Pubblica Amministrazione dei lavoratori in esubero.
Se questa notizia fosse vera, non solo si dissolverebbe qualsiasi presunta o potenziale convenienza per lo Stato, ma il tutto si trasformerebbe nell’ennesima perdita economica e in un ulteriore spreco di risorse.
Per quale ragione un’attività che oggi garantisce un impiego a 20 lavoratori sammarinesi e sicurezza alle loro famiglie, che produce una discreta gamma di articoli, che nonostante le difficoltà è sempre riuscita a garantire la qualità, e infine che chiude il bilancio in pareggio, deve essere ceduta?
Nonostante la propaganda allarmistica del governo a noi risulta che gli impianti elettrici siano a norma e che attualmente le macchine in dotazione garantiscano qualità e igiene nella lavorazione del latte.
E’ cronaca di questi giorni che lo Stato intende ulteriormente indebitare tutti noi di altri 30 milioni di euro ma ci chiediamo per cosa? Per privatizzare aziende sane e accollarsi gli esuberi di personale? Per farsi belli a manifestazioni come il moto GP che si svolgono fuori territorio, costano un botto e portano nulla in Repubblica? Per finanziare meeting che producono strette di mano magari con personaggi poi risultati poco edificanti?
Perché lo Stato deve per forza svendere questa azienda? Se alla fine dovrà accollarsi buona parte del personale, non sarebbe meglio ristrutturare l’immobile (che mantiene nel tempo con grande dignità, le proprie caratteristiche di pregevole edificio industriale in una invidiabile cornice naturale) e continuare a cogestire un azienda che da molti decenni soddisfa i cittadini sammarinesi con i suoi prodotti?
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