Si entra nell'articolato del decreto a sostegno delle persone disabili, definito da Santi “un punto di svolta”, con il passaggio da un approccio assistenziale e medicalizzato ad una una modalità inclusiva. Non mancano però critiche dell'opposizione alla troppa burocrazia, ai congedi parentali, con un'impostazione che nasce dalla volontà di prevenire gli abusi. La Legge Quadro con i rispettivi decreti – dice Santi - “non sono un punto di arrivo ma di partenza di un piano d’azione che promuova, protegga, garantisca il rispetto della dignità delle persone con disabilità proponendo obiettivi realizzabili, percorsi praticabili, qualità dei servizi”. Il decreto impegna il sistema sanitario a darsi un’organizzazione più organica ed efficiente per la prevenzione, la diagnosi precoce, la cura e la riabilitazione, per un accesso ai servizi più adeguato e funzionale. Per la prima volta – continua il Segretario - abbiamo voluto aprire il discorso del “dopo di noi” e di progetti di vita autonoma possibile, in alternativa all’assistenza. Troviamo anche la norma sulla donazione delle ferie per una nuova forma di solidarietà: la cessione a colleghi, che devono occuparsi di persone con disabilità gravi, di giorni di ferie o di permessi. Rete presenta emendamenti, chiede di accertare le potenzialità della persona disabile senza definire la posizione sociale. “Sono sempre limitanti le classificazioni. È la società a doversi adeguare, non l'individuo” affermano Matteo Zeppa ed Elena Tonnini.
Si chiede un approccio non solo basato sulla condizione delle persone ma su ciò che la società offre. “Occorre – conferma Pasquale Valentini – tenere conto del contesto”.
“Stiamo andando nella stessa direzione”, commenta Mimma Zavoli che chiede di non interpretare male la definizione di posizione sociale né di aver paura di una classificazione.
“Si intende l'ICF – spiega Santi - che ha questo tipo di indicazione”. Si arriva ad un testo concordato e l'articolo 2 passa con l'emendamento di Rete che ne presenta altri all'articolo 3. Denise Bronzetti si dice perplessa che venga affidato al Congresso di Stato la classificazione con apposito regolamento. “Forse – dice - sarebbe il caso di demandare a chi ha competenze in questo senso”. Si affianca Elena Tonnini che invita a valutare altri organismi. Anche qui il testo è concordato con relativa approvazione. La condivisione non finisce qui, all'articolo 4 vengono accolti altri due emendamenti, con Marina Lazzarini che ringrazia la Tonnini “perché le modifiche rendono l'articolo più efficace”. Le posizioni si allontanano nelle politiche di informazione e prevenzione, con Rete che sollecita ricerche epidemiologiche, mappature e raccolte dati, a partire dalla casistica relativa al ricorso ad interruzione di gravidanza per motivi di malformazione al feto. Santi chiede di non accoglierli e l'Aula poco dopo li boccia. “C'è un problema non di contenuto ma di sostanza giuridica. Fare riferimento ad una eventualità non normata ma sottoposta a conseguenze penali – spiega - non è opportuno”. Pasquale Valentini non condivide che la prevenzione possa coincidere con l'interruzione di gravidanza. “Non rientra nella logica di tutela. Abbiamo parlato di difesa della dignità della persona disabile. Non consiste nella sua eliminazione”.
“Non stiamo dicendo questo” - lo corregge Marianna Bucci. “La prevenzione sta nel monitoraggio”.
L'argomento è spinoso e tocca diverse sensibilità. Per Rete è grave che la politica abbia chiuso gli occhi. “Avrebbe potuto incidere sulle cause evitando aborti”, afferma la Bucci. Iro Belluzzi critica il silenzio dell'Aula. “Il tema non si cancella non parlandone”. Nel porsi domande sull'assistenza, chiede di riempire un vuoto normativo. “Tutti noi dobbiamo permettere quelle scelte mai fatte ma che non hanno portato ad eliminare l' interruzione di gravidanza”. Pericoloso per Roberto Giorgetti l'accostamento della disabilità con l'aborto. “Rischia di ingenerare interpretazioni forvianti”.
Invita a trattare la tematica con attenzione perché tocca coscienze e dimensione etica. “Avremo tempo e modo di confrontarci sul tema. Ma non è oggi il momento”.
“Qui si parla di diagnosi precoce”, risponde Matteo Zeppa. “Vogliamo mettere la testa sotto la sabbia? Senza statistiche non si può fare alcuna opera di prevenzione. L'emendamento è stato strumentalizzato. E' una speculazione politica e non laica della società”.
Si va avanti, fino all'articolo sul “dopo di noi”, a cui ha lavorato la commissione Csd Onu e reinserito tramite emendamento. La soddisfazione è bipartisan. “Introduce innovazioni organizzative ed opportunità anche rispetto alla possibilità per il disabile di costruirsi una rete assistenziale e di supporto alla quotidianità, con garanzia di libertà di gestione della propria vita”. Incontra il favore dell'opposizione, che ne condivide la filosofia. L'articolo è approvato a maggioranza. I congedi parentali interrompono però l'armonia.
Il Governo ripropone l'articolo 5 della legge del 2003 e ripristina il principio originale che aveva voluto esprimere il legislatore: “la concessione di una modalità di aiuto a famiglie come riconoscimento di un diritto. Quindi, non necessità di accompagno ma il “prendersi cura”. “Significa- spiega Santi - che la normativa prevede una fase istruttoria di certificazione molto puntuale. Poi il permesso verrà concesso indipendentemente dalle modalità”.
Per i permessi si passa da 4 giorni ad un monte ore calcolato in maniera proporzionale rispetto ai contratti collettivi di lavoro. “Garantiamo un diritto nella maniera più equa”.
La minoranza fa presente che dover inoltrare le richieste di permessi speciali retribuiti tre giorni prima, complica la vita alle famiglie, introduce “troppi obblighi burocratici”. Tre giorni prima “salvo – si legge - casi di comprovata urgenza”. Il criterio non è oggettivo- dice l'opposizione che chiede di non fare di tutta l'erba un fascio, “se ci sono stati abusi, ci sono gli strumenti per incidere. Abbiamo normative approvate e personale che può occuparsene”.
Denise Bronzetti chiede al Segretario di fermarsi. “Apriamo un confronto vero”.
Roberto Ciavatta si appella all'apertura dimostrata e gli chiede di sopprimere il comma. “La legge non può rincorrere chi approfitta delle sue maglie larghe. Deve stabilire un principio e chi non lo rispetta va punito. Chi vi usufruisce non deve essere umiliato nel dover chiedere in anticipo ciò che gli spetta di diritto”. “La norma è applicata dal 2003 e non ha dato nessun problema”, risponde Santi. “Serve per garantire un minimo di organizzazione del lavoro”.
Il clima si scalda, ma alla fine si trova una sintesi e il comma viene riproposto con nuova formulazione. L'opposizione ritira i propri emendamenti anche se Rete precisa che le modifiche apportate dal Governo non risolvono il problema della burocratizzazione.
Si passa al decreto per favorire il rientro di patrimoni e l’emersione di beni detenuti all’estero.
“Per avere un quadro reale della capacità patrimoniale dei contribuenti - spiega Celli – alla luce dello scambio automatico di informazioni. Una misura di sostegno al sistema economico finanziario”. La norma stabilisce due procedure: il rimpatrio fisico e la regolarizzazione. L'opposizione non risparmia critiche. Il decreto – dice Capicchioni – vuole fare cassa ma porterà cifre irrisorie. Il problema, per Teodoro Lonferini - è la mancanza di fiducia nel sistema bancario e finanziario. “E la legge del 2013 già prevede di regolarizzare”, precisa Marco Gatti. “C'è un percorso parallelo per la stessa problematica. Così creiamo confusione fiscale”. Per Iro Belluzzi il decreto rappresenta il fallimento di un microstato che addotta politiche di amministrazioni molto più grandi. Vengono fatte scelte – dice - che non appartengono alla nostra dimensione”. Il sistema ha perso credibilità – aggiunge Mancini - gli stessi sammarinesi hanno portato fuori i loro soldi.” “Si tratta di fare emergere capitali in trasparenza”, spiega Palmieri. “ La finalità è fiscale – aggiunge Celli – e non legata al tema della fiducia del sistema bancario.” Riguardo agli incassi di 800.000 euro, la previsione è prudenziale. “Speriamo- dice - che la cifra sia superiore”.
Il decreto scade domani e non può essere reiterato. Si cerca una soluzione visto che i lavori del Consiglio riprenderanno alle 13.30 con il comma sul Fondo Monetario ed è probabile che impegni fino alla mezzanotte. Molto dipenderà dall'opposizione dato che modifiche all'ordine del giorno richiedono i 2/3 dell'Aula.
Si chiede un approccio non solo basato sulla condizione delle persone ma su ciò che la società offre. “Occorre – conferma Pasquale Valentini – tenere conto del contesto”.
“Stiamo andando nella stessa direzione”, commenta Mimma Zavoli che chiede di non interpretare male la definizione di posizione sociale né di aver paura di una classificazione.
“Si intende l'ICF – spiega Santi - che ha questo tipo di indicazione”. Si arriva ad un testo concordato e l'articolo 2 passa con l'emendamento di Rete che ne presenta altri all'articolo 3. Denise Bronzetti si dice perplessa che venga affidato al Congresso di Stato la classificazione con apposito regolamento. “Forse – dice - sarebbe il caso di demandare a chi ha competenze in questo senso”. Si affianca Elena Tonnini che invita a valutare altri organismi. Anche qui il testo è concordato con relativa approvazione. La condivisione non finisce qui, all'articolo 4 vengono accolti altri due emendamenti, con Marina Lazzarini che ringrazia la Tonnini “perché le modifiche rendono l'articolo più efficace”. Le posizioni si allontanano nelle politiche di informazione e prevenzione, con Rete che sollecita ricerche epidemiologiche, mappature e raccolte dati, a partire dalla casistica relativa al ricorso ad interruzione di gravidanza per motivi di malformazione al feto. Santi chiede di non accoglierli e l'Aula poco dopo li boccia. “C'è un problema non di contenuto ma di sostanza giuridica. Fare riferimento ad una eventualità non normata ma sottoposta a conseguenze penali – spiega - non è opportuno”. Pasquale Valentini non condivide che la prevenzione possa coincidere con l'interruzione di gravidanza. “Non rientra nella logica di tutela. Abbiamo parlato di difesa della dignità della persona disabile. Non consiste nella sua eliminazione”.
“Non stiamo dicendo questo” - lo corregge Marianna Bucci. “La prevenzione sta nel monitoraggio”.
L'argomento è spinoso e tocca diverse sensibilità. Per Rete è grave che la politica abbia chiuso gli occhi. “Avrebbe potuto incidere sulle cause evitando aborti”, afferma la Bucci. Iro Belluzzi critica il silenzio dell'Aula. “Il tema non si cancella non parlandone”. Nel porsi domande sull'assistenza, chiede di riempire un vuoto normativo. “Tutti noi dobbiamo permettere quelle scelte mai fatte ma che non hanno portato ad eliminare l' interruzione di gravidanza”. Pericoloso per Roberto Giorgetti l'accostamento della disabilità con l'aborto. “Rischia di ingenerare interpretazioni forvianti”.
Invita a trattare la tematica con attenzione perché tocca coscienze e dimensione etica. “Avremo tempo e modo di confrontarci sul tema. Ma non è oggi il momento”.
“Qui si parla di diagnosi precoce”, risponde Matteo Zeppa. “Vogliamo mettere la testa sotto la sabbia? Senza statistiche non si può fare alcuna opera di prevenzione. L'emendamento è stato strumentalizzato. E' una speculazione politica e non laica della società”.
Si va avanti, fino all'articolo sul “dopo di noi”, a cui ha lavorato la commissione Csd Onu e reinserito tramite emendamento. La soddisfazione è bipartisan. “Introduce innovazioni organizzative ed opportunità anche rispetto alla possibilità per il disabile di costruirsi una rete assistenziale e di supporto alla quotidianità, con garanzia di libertà di gestione della propria vita”. Incontra il favore dell'opposizione, che ne condivide la filosofia. L'articolo è approvato a maggioranza. I congedi parentali interrompono però l'armonia.
Il Governo ripropone l'articolo 5 della legge del 2003 e ripristina il principio originale che aveva voluto esprimere il legislatore: “la concessione di una modalità di aiuto a famiglie come riconoscimento di un diritto. Quindi, non necessità di accompagno ma il “prendersi cura”. “Significa- spiega Santi - che la normativa prevede una fase istruttoria di certificazione molto puntuale. Poi il permesso verrà concesso indipendentemente dalle modalità”.
Per i permessi si passa da 4 giorni ad un monte ore calcolato in maniera proporzionale rispetto ai contratti collettivi di lavoro. “Garantiamo un diritto nella maniera più equa”.
La minoranza fa presente che dover inoltrare le richieste di permessi speciali retribuiti tre giorni prima, complica la vita alle famiglie, introduce “troppi obblighi burocratici”. Tre giorni prima “salvo – si legge - casi di comprovata urgenza”. Il criterio non è oggettivo- dice l'opposizione che chiede di non fare di tutta l'erba un fascio, “se ci sono stati abusi, ci sono gli strumenti per incidere. Abbiamo normative approvate e personale che può occuparsene”.
Denise Bronzetti chiede al Segretario di fermarsi. “Apriamo un confronto vero”.
Roberto Ciavatta si appella all'apertura dimostrata e gli chiede di sopprimere il comma. “La legge non può rincorrere chi approfitta delle sue maglie larghe. Deve stabilire un principio e chi non lo rispetta va punito. Chi vi usufruisce non deve essere umiliato nel dover chiedere in anticipo ciò che gli spetta di diritto”. “La norma è applicata dal 2003 e non ha dato nessun problema”, risponde Santi. “Serve per garantire un minimo di organizzazione del lavoro”.
Il clima si scalda, ma alla fine si trova una sintesi e il comma viene riproposto con nuova formulazione. L'opposizione ritira i propri emendamenti anche se Rete precisa che le modifiche apportate dal Governo non risolvono il problema della burocratizzazione.
Si passa al decreto per favorire il rientro di patrimoni e l’emersione di beni detenuti all’estero.
“Per avere un quadro reale della capacità patrimoniale dei contribuenti - spiega Celli – alla luce dello scambio automatico di informazioni. Una misura di sostegno al sistema economico finanziario”. La norma stabilisce due procedure: il rimpatrio fisico e la regolarizzazione. L'opposizione non risparmia critiche. Il decreto – dice Capicchioni – vuole fare cassa ma porterà cifre irrisorie. Il problema, per Teodoro Lonferini - è la mancanza di fiducia nel sistema bancario e finanziario. “E la legge del 2013 già prevede di regolarizzare”, precisa Marco Gatti. “C'è un percorso parallelo per la stessa problematica. Così creiamo confusione fiscale”. Per Iro Belluzzi il decreto rappresenta il fallimento di un microstato che addotta politiche di amministrazioni molto più grandi. Vengono fatte scelte – dice - che non appartengono alla nostra dimensione”. Il sistema ha perso credibilità – aggiunge Mancini - gli stessi sammarinesi hanno portato fuori i loro soldi.” “Si tratta di fare emergere capitali in trasparenza”, spiega Palmieri. “ La finalità è fiscale – aggiunge Celli – e non legata al tema della fiducia del sistema bancario.” Riguardo agli incassi di 800.000 euro, la previsione è prudenziale. “Speriamo- dice - che la cifra sia superiore”.
Il decreto scade domani e non può essere reiterato. Si cerca una soluzione visto che i lavori del Consiglio riprenderanno alle 13.30 con il comma sul Fondo Monetario ed è probabile che impegni fino alla mezzanotte. Molto dipenderà dall'opposizione dato che modifiche all'ordine del giorno richiedono i 2/3 dell'Aula.
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