"L’affaire Centrale del Latte pare arrivato ad un epilogo, su cui in molti avrebbero scommesso ben più della classica pizza. La privatizzazione di un impianto lasciato colpevolmente andare alla deriva da ormai quattordici anni, non avverrà. Sul bilancio dello Stato rimarrà, con ogni probabilità, una struttura fatiscente e tutto il personale, anche quello in esubero, “infilato” negli anni dalla stessa politica che oggi anela ad un privato su cui scaricare il barile pieno di latte.
Dopo diversi incontri, e una serata pubblica che Civico10 e Sinistra Unita hanno contribuito ad organizzare a scopo puramente informativo, l’orizzonte su cui si è svolta tutta questa vicenda è un po’ più definito.
Abbiamo a che fare innanzitutto con una totale mancanza di progettazione politica, ma questa non è una novità. Se è vero che il settore caseario, e lo conferma lo stesso Consorzio Terra di San Marino, è considerato un settore strategico per la creazione di un pacchetto di prodotti tipici di qualità legati al territorio, e se è vero che l’intenzione è quella di ricercare un target turistico diverso dal passato, rimodellando l’immagine della Repubblica al fine di valorizzare le bellezze del territorio nonché elaborando e valorizzando percorsi enogastronomici in collaborazione con le aree limitrofe, un progetto politico ci deve essere.
Allora il Governo dica innanzitutto qual è la volontà politica sul caseario che, è sempre bene ricordarlo, fa parte di un settore che non si regge senza contributi pubblici, tantomeno in una realtà minuscola come la nostra. Lo dica, ne discuta con le opposizioni e lo esponga nel Paese.
Se la volontà è quella di avere un settore caseario che non si limiti a sopravvivere, ma che funzioni, diventando un valore aggiunto per il Paese, l’unica possibilità è far sì che punti sulla qualità e sulle nicchie di prodotto. Da questa riflessione devono partire poi tutta una serie di politiche, a partire da una revisione dell’erogazione dei contributi in base ai risultati ottenuti in termini di qualità del prodotto, per finire alla definizione di un vero e proprio business plan per la Centrale del Latte.
Questo significa che la Centrale del Latte deve rimanere pubblica a tutti i costi? Assolutamente no.
Una volta definite le priorità del Paese relativamente a questo settore, le scelte possono essere diverse ancora oggi, nonostante una situazione ormai deterioratasi nel tempo. Si può affrontare l’emergenza creata dal black-out politico degli ultimi anni facendo, per esempio, un investimento pubblico sulla struttura e dando un mandato preciso al CDA che la gestisce di recuperare risorse per ammortizzare tale investimento nel giro di qualche anno. Si può fare, crediamo, razionalizzando un bilancio che contiene diverse voci dubbie ma anche - perché no? - concordando con il personale un percorso di revisione di contratti di diritto privato molto “generosi”, come si fa solitamente con un’azienda in difficoltà.
C’è l’opzione della società partecipata, già collaudata in Repubblica, magari da sperimentare con l’opzione dell’azionariato diffuso.
Ma un’opzione percorribile può essere anche quella di trovare un partner privato, come poteva essere la stessa Valform, con il giusto background e le necessarie competenze per fare della Centrale del Latte quello che nel tempo e con lungimiranza è stato fatto con il Consorzio Vini.
Nessuna di queste cose sarà però fatta con cognizione di causa e con il necessario supporto da parte della cittadinanza, se alla fonte non ci sarà una volontà politica condivisa capace di dare al settore una prospettiva all’interno di un progetto complessivo legato al Paese. Progetto che oggi, purtroppo, dopo sette anni dall’inizio di una crisi economica devastante per il nostro Paese, ancora non riusciamo a vedere".
Dopo diversi incontri, e una serata pubblica che Civico10 e Sinistra Unita hanno contribuito ad organizzare a scopo puramente informativo, l’orizzonte su cui si è svolta tutta questa vicenda è un po’ più definito.
Abbiamo a che fare innanzitutto con una totale mancanza di progettazione politica, ma questa non è una novità. Se è vero che il settore caseario, e lo conferma lo stesso Consorzio Terra di San Marino, è considerato un settore strategico per la creazione di un pacchetto di prodotti tipici di qualità legati al territorio, e se è vero che l’intenzione è quella di ricercare un target turistico diverso dal passato, rimodellando l’immagine della Repubblica al fine di valorizzare le bellezze del territorio nonché elaborando e valorizzando percorsi enogastronomici in collaborazione con le aree limitrofe, un progetto politico ci deve essere.
Allora il Governo dica innanzitutto qual è la volontà politica sul caseario che, è sempre bene ricordarlo, fa parte di un settore che non si regge senza contributi pubblici, tantomeno in una realtà minuscola come la nostra. Lo dica, ne discuta con le opposizioni e lo esponga nel Paese.
Se la volontà è quella di avere un settore caseario che non si limiti a sopravvivere, ma che funzioni, diventando un valore aggiunto per il Paese, l’unica possibilità è far sì che punti sulla qualità e sulle nicchie di prodotto. Da questa riflessione devono partire poi tutta una serie di politiche, a partire da una revisione dell’erogazione dei contributi in base ai risultati ottenuti in termini di qualità del prodotto, per finire alla definizione di un vero e proprio business plan per la Centrale del Latte.
Questo significa che la Centrale del Latte deve rimanere pubblica a tutti i costi? Assolutamente no.
Una volta definite le priorità del Paese relativamente a questo settore, le scelte possono essere diverse ancora oggi, nonostante una situazione ormai deterioratasi nel tempo. Si può affrontare l’emergenza creata dal black-out politico degli ultimi anni facendo, per esempio, un investimento pubblico sulla struttura e dando un mandato preciso al CDA che la gestisce di recuperare risorse per ammortizzare tale investimento nel giro di qualche anno. Si può fare, crediamo, razionalizzando un bilancio che contiene diverse voci dubbie ma anche - perché no? - concordando con il personale un percorso di revisione di contratti di diritto privato molto “generosi”, come si fa solitamente con un’azienda in difficoltà.
C’è l’opzione della società partecipata, già collaudata in Repubblica, magari da sperimentare con l’opzione dell’azionariato diffuso.
Ma un’opzione percorribile può essere anche quella di trovare un partner privato, come poteva essere la stessa Valform, con il giusto background e le necessarie competenze per fare della Centrale del Latte quello che nel tempo e con lungimiranza è stato fatto con il Consorzio Vini.
Nessuna di queste cose sarà però fatta con cognizione di causa e con il necessario supporto da parte della cittadinanza, se alla fonte non ci sarà una volontà politica condivisa capace di dare al settore una prospettiva all’interno di un progetto complessivo legato al Paese. Progetto che oggi, purtroppo, dopo sette anni dall’inizio di una crisi economica devastante per il nostro Paese, ancora non riusciamo a vedere".
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