La ripresa c'é anche se tutti i paesi non marciano alla stessa velocità. Ma i rischi permangono e la ricetta per scongiurarli è proseguire con un'azione coordinata. Anche per affrontare il problema della disoccupazione. Il G20 lancia un piano di azione, articolato in cinque punti, per "avvicinare" l'obiettivo di una crescita forte, equilibrata e sostenibile. Una sorta di agenda che dal problema dei cambi al risanamento dei bilanci é forse - insieme al via libera alle riforme sulla finanza - l'unico vero risultato del vertice. Sui nodi più importanti, quello degli squilibri commerciali e la guerra delle valute, si è raggiunto solo un compromesso che non fa segnare punti sul tabellone dei due maggiori duellanti, Stati Uniti e Cina, da settimane alle prese con il rimpallo di accuse e responsabilità. Di certo il presidente Hu rientra a Pechino con una vittoria: aver scongiurato un possibile tetto ai surplus commerciali, mentre Obama torna a difendere la politica della Fed senza la quale, dice, si rischierebbe la deflazione. E, ribadisce che l'America "é il motore di tutti", invitando la Cina alla responsabilità. Sulle nuove regole finanziarie, spiega il Presidente di Bankitalia Mario Draghi, sono stati fatti grandi progressi, ammonendo però che "siamo a metà strada: ora vanno tradotte in leggi". Al G20 rimbalza anche la crisi Irlandese. Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna tranquillizzano i mercati, ricordando il Fondo salva-Stati provvisorio ed il lavoro per la costituzione di un meccanismo permanente dalla metà del 2013. Su Seul, che ha superato a pieni voti il test sia sul fronte della sicurezza che dell'organizzazione, cala il sipario. I riflettori si spostano su Parigi e la presidenza Sarkozi.
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