Non sarà una resa dei conti. Non lo vuole il Partito Socialista che non imporrà diktat – dice - e spera di non riceverne. Pretenderà però risposte su questioni che ritiene cruciali, come la politica delle alleanze. E' quello il cuore del problema, l'ostacolo che impedisce al tavolo riformista di decollare con a bordo tutte le forze in campo. Qui le posizioni si dividono: per il Psd è questione secondaria. Prima dei tatticismi, dice Gerardo Giovagnoli, occorre concentrarsi su idee e contenuti. Una sorta di Leitmotiv che ha permesso al tavolo di muoversi in equilibrio fra chi spinge per l'alternanza e chi guarda come interlocutore alla Dc. E se Sinistra Unita, per natura in contrapposizione con l'area conservatrice, è convinta che una sinistra forte sia in grado da sola di portare a casa riforme importanti, al momento non intende sbilanciarsi sulle coalizioni. “Non vogliamo ragionare su alleanze prima di aver definito un'identità forte”, spiega Vanessa d'Ambrosio. Porte sbarrate alla DC? “Nessuna pregiudiziale – precisa – prioritario è il metodo”. Ma per decidere cosa fare e come farlo serve tempo. Ci sarà questo tempo? “Vogliamo capire dal Psd quanta vita ha davanti la legislatura”, anticipa Alessandro Mancini. Con chi coalizzarsi non può essere rimandabile in caso di elezioni anticipate. E c'è già chi, come gli indipendenti Pedini Amati e Lazzari, hanno spiazzato tutti ponendo le loro condizioni: sì all'unione delle sinistre ma che apra però le braccia ai movimenti. In caso contrario abbandoneranno il tavolo. Dopo l'annuncio è atteso il confronto. Questa sera la costituente dei riformisti affronterà una grande sfida: tenere insieme i pezzi.
MF
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