Una doccia fredda che per qualcuno era nell’aria e che altri invece, sulla scorta dell’esito della verifica, proprio non si aspettavano. Almeno 4 i franchi tiratori, secondo le prime convulse e sommarie ricostruzioni, che hanno affossato, in un colpo solo, la legge sul giusto processo e la maggioranza di Governo. I primi segnali già al voto sul primo articolo, che passa con un solo voto di scarto: brividi e presentimenti che pochi minuti dopo trovano conferma, al voto dell’articolo 2, bocciato con 27 i voti a favore, 28 quelli contrari. Silenzio glaciale in aula, per qualche secondo, poi l’invito della Reggenza a proseguire, ma il Segretario alla Giustizia annuncia il ritiro della legge ed è il caos. Seduta sospesa per consentire i vari summit politici e valutare uno strappo che appare subito irrecuperabile, un crisi irreversibile. Del resto proprio questo progetto di legge, insieme ad altre questioni, era stato uno degli elementi su cui si è incentrata la verifica di Maggioranza; tutto sembrava chiarito ma, evidentemente, così non era. Alla prima prova vera, quella del voto in aula, il crollo della Maggioranza che sembrava aver ritrovato vigore e collante per proseguire nell’attuazione del programma di governo. A ritirare le delegazioni di governo sono tutte e tre le forze politiche, che lo annunciano all’Ufficio di Presidenza riunito d’urgenza e che decide, all’unanimità, di interrompere la sessione parlamentare. Immediata la ridda di ipotesi sugli sviluppi di questa crisi: una ricomposizione, che appare del tutto improbabile, un rimpasto di governo, l’annunciato allargamento o, ipotesi che sembra dietro l’angolo, le elezioni anticipate.
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