Il segretario con delega all’Informazione raccomanda ai media di contribuire ad una campagna civile, seria e responsabile. “Vuoi un’intervista ‘farcita’? Sono 50 euro”. E’ stato uno dei candidati del Movimento Rete, Matteo Zeppa, dalle pagine di Facebook, a far capire che alcune testate avrebbero chiesto compensi per pubblicare interviste dei candidati. Spacciando per informazione, dunque, qualcosa che non lo è. L’articolo pubblicato dal Corriere Romagna poi, che promette di rivelare veri e propri tariffari, ha sollevato il classico vespaio: sul social network i sammarinesi lamentano di venire disturbati ogni giorno sul voto, alcuni vengono avvicinati per sapere se, in cambio di denaro, siano disposti a telefonare a persone per convincerle a votare questo o quel partito. Altri infine vociferano di cene pagate in cambio di un voto in più. Spazi autogestiti a pagamento sono sempre esistiti e sono legali. Secondo il segretario Valeria Ciavatta, gli organi d’informazione sono però tenuti a rendere palese al lettore che lo spazio è a pagamento, e che i contenuti sono di parte e non sono informazioni. “In questa situazione – scrive – potremmo affidarci alla correttezza di chi opera nel settore. Purtroppo, a volte, qualche giornale racconta come verità anche ciò che verità non è, seleziona le informazioni secondo un metro non professionale ma interessato. Per nostra consolazione i giornalisti non sono tutti uguali – conclude – Molti di loro non darebbero mai una notizia senza verificarla e mettono il lettore nella condizione di poter distinguere una informazione da un commento”. Ricorda infine che è vietato pagare viaggi e cene, fare regali e promesse che si configurino come voto di scambio, e si raccomanda, chiedendo anche alla commissione di vigilanza di farlo, affinché i media contribuiscano ad una campagna elettorale civile, seria e responsabile.
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