“Sarò un arbitro imparziale”: così si è presentato al Parlamento e agli italiani Sergio Mattarella, che poi ha aggiunto: “I giocatori però lo aiutino con la loro correttezza”.
Solo posti in piedi a Montecitorio, nell'emiciclo e sulle tribune, gremite, non solo dalle bandiere tricolori. Tutti pronti ad applaudire Sergio Mattarella, il 12esimo inquilino del Quirinale, che lui poi ha definito “la casa degli italiani”. Un discorso di mezzora interrotto da oltre 40 applausi.
Frasi brevi, ben mirate, che puntavano dritte all'obiettivo. Ed ha voluto toccare tante categorie di persone, ogni tasto dolente, a partire dalla lunga crisi che, ha detto, “ha inferto ferite al tessuto sociale del Paese, aumentando ingiustizie, producendo emarginazione e solitudine”. Ben vengano le riforme, anche alla stessa Costituzione, “per rafforzare il processo democratico”. Una bella novità, per il Presidente, è che in Parlamento siedano tante donne e tanti giovani. Di tutti, ha promesso, sarà “arbitro imparziale: ma i giocatori – ha poi ammonito – lo aiutino con la loro correttezza”. Poi riferimenti precisi all'evasione, alla corruzione e alle mafie: “Ognuno deve concorrere con lealtà alle spese della comunità nazionale”; e poi “La lotta alla mafia e alla corruzione dovrà essere priorità assoluta”, con lo stesso governo che si è alzato in piedi per applaudire. Ha definito la mafia “un cancro pervasivo, che distrugge speranze e calpesta diritti. Allarmante la diffusione delle mafie antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Il livello raggiunto dalla corruzione è inaccettabile, perché divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini”.
Ha ricordato il sacrificio di Falcone e Borsellino, ma anche del piccolo Stefano Taché, 2 anni, ucciso da un commando davanti alla sinagoga di Roma, nell'82: “Era un nostro bambino”, ha detto il Presidente, come a farne un simbolo di tutte le vittime dell'odio e dell'intolleranza. “Va condannato e combattuto – ha concluso – chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa”.
Francesca Biliotti
Solo posti in piedi a Montecitorio, nell'emiciclo e sulle tribune, gremite, non solo dalle bandiere tricolori. Tutti pronti ad applaudire Sergio Mattarella, il 12esimo inquilino del Quirinale, che lui poi ha definito “la casa degli italiani”. Un discorso di mezzora interrotto da oltre 40 applausi.
Frasi brevi, ben mirate, che puntavano dritte all'obiettivo. Ed ha voluto toccare tante categorie di persone, ogni tasto dolente, a partire dalla lunga crisi che, ha detto, “ha inferto ferite al tessuto sociale del Paese, aumentando ingiustizie, producendo emarginazione e solitudine”. Ben vengano le riforme, anche alla stessa Costituzione, “per rafforzare il processo democratico”. Una bella novità, per il Presidente, è che in Parlamento siedano tante donne e tanti giovani. Di tutti, ha promesso, sarà “arbitro imparziale: ma i giocatori – ha poi ammonito – lo aiutino con la loro correttezza”. Poi riferimenti precisi all'evasione, alla corruzione e alle mafie: “Ognuno deve concorrere con lealtà alle spese della comunità nazionale”; e poi “La lotta alla mafia e alla corruzione dovrà essere priorità assoluta”, con lo stesso governo che si è alzato in piedi per applaudire. Ha definito la mafia “un cancro pervasivo, che distrugge speranze e calpesta diritti. Allarmante la diffusione delle mafie antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Il livello raggiunto dalla corruzione è inaccettabile, perché divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini”.
Ha ricordato il sacrificio di Falcone e Borsellino, ma anche del piccolo Stefano Taché, 2 anni, ucciso da un commando davanti alla sinagoga di Roma, nell'82: “Era un nostro bambino”, ha detto il Presidente, come a farne un simbolo di tutte le vittime dell'odio e dell'intolleranza. “Va condannato e combattuto – ha concluso – chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa”.
Francesca Biliotti
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