Per Berlusconi il Governo “tiene” ed andrà avanti con le riforme: a partire da quella sul Fisco e soprattutto sulla Giustizia, che per il presidente del Consiglio andrebbe varata “possibilmente in accordo con la minoranza”. Malgrado le ultime sconfitte, dunque, il premier lancia segnali di ottimismo e lavora alla verifica parlamentare che sarà preceduta dal voto di fiducia sul decreto sviluppo, che dovrebbe tenersi alla Camera lunedì prossimo. Berlusconi ritiene che oggi non esistano alternative al suo governo, cui a suo parere la Lega resterà fedele anche dopo Pontida, quando pure Bossi potrebbe attaccarlo. Un ottimismo, quello del premier, non poco in contrasto con le parole di Maroni che reclama uno stop ai bombardamenti in Libia e che risponde sibillino di “non avere la sfera di cristallo” a chi gli chiede se il governo terrà. I leghisti, insomma, masticano amaro e reclamano il taglio delle tasse, pressati da una base che pare riconoscersi sempre meno nella leadership e con cui Bossi vuole ricucire ad ogni costo, recuperando lo “spirito” del 2008. Ma il Pdl non vuol farne le spese: eloquente è lo sfogo del sindaco di Roma Alemanno, stufo delle richieste del Carroccio di trasferire al nord i ministeri. La Capitale, dice, “non può essere il capro espiatorio” del cambiamento. Mentre per un sondaggio il gradimento degli italiani nel presidente del Consiglio sarebbe crollato al minimo storico, l’opposizione lavora ai fianchi. “Un governo così debole è un pericolo serio per il Paese”, tuona dal Pd D’Alema mentre Bersani guarda all’Udc e a Vendola anche in vista di una riforma della legge elettorale.
Da Roma Francesco Bongarrà
Da Roma Francesco Bongarrà
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