Com'era prevedibile è ancora una volta la giustizia a monopolizzare i lavori del Consiglio. Tema oggetto di feroce scontro nella passata legislatura torna a dividere segnando un confine netto tra maggioranza ed opposizione. E non solo. Da sabato, poi, c'è un elemento in più: una lettera scritta dalla maggioranza dei magistrati e indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa. (Organismo di Strasburgo che promuove la democrazia, i diritti umani, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa).
Lettera che non tutti in Aula hanno potuto visionare. Libera e Rf hanno scritto ieri alla Reggenza chiedendone una copia. Il Consiglio ritarda di un'ora l'avvio dei lavori: viene convocato un Ufficio di Presidenza per un confronto su come trattare la questione. La Reggenza decide quindi di darne lettura. La missiva “pervenuta venerdì 17 luglio” è sottoscritta dai magistrati Battaglino, Brunelli, Buriani, Caprioli, Di Bona, Morrone, Simoncini, Treggiari, Volpinari e dal dirigente del tribunale Guzzetta.
Al centro le conseguenze della modifica della composizione del Consiglio Giudiziario, “che rischiano di minare – avvertono le toghe - l'indipendenza della magistratura ed incidere negativamente sull'equilibrio tra i poteri costituzionali”. Modifica avvenuta – aggiungono - senza che venisse convocato, come invece richiesto, un Consiglio Giudiziario Ordinario per un parere preventivo. E' stato loro impedito anche di esprimere anche un parere successivo e di deliberare iniziative dopo l'approvazione della legge. Viene tirata in ballo anche la Reggenza, per non aver messo al voto documenti proposti da magistrati.
L'attenzione si sposta quindi sul Consiglio Giudiziario Plenario, sull'applicazione retroattiva, presente in un emendamento poi ritirato, ma reintrodotta dai membri di maggioranza e da una minoranza di giudici. Guzzetta e i 9 magistrati fanno anche riferimento alle dimissioni di Iro Belluzzi, in dissenso – scrivono - con il partito di appartenenza, così come quelle, precedenti, di Filippo Tamagnini, “dimissioni che – rilevano - dimostrano l'inadeguatezza della composizione attuale a garantire l'indipendenza della magistratura”. “Questi accadimenti – continuano - dimostrano come il parlamento e il Governo abbiano attuato una strategia volta a rovesciare le decisioni nei due anni precedenti del Consiglio Giudiziario Plenario per formare una nuova maggioranza, estromettere giudici regolarmente nominati così da soppiantarli con altri nominati con il voto dei politici e di una minoranza di giudici allineata”.
Nella lettera si ritiene a rischio autogoverno della magistratura e indipendenza dei giudici, con il voto politico destinato a prevalere su quello dei magistrati, con quelli non graditi che possono essere rimossi sulla base di una legge applicata retroattivamente. Si chiede un intervento urgente dell'Europa, compreso il GRECO: la riforma – avvertono i magistrati - allontana l'ordinamento sammarinese dagli standard internazionali e mina l'indipendenza del potere giudiziario. Invocano un intervento urgente e autorevole. Nelle prossime settimane terminerà il mandato in carica di molti giudici superiori e il Consiglio Giudiziario Plenario dovrà fare nuove nomine.
Prende la parola il Segretario alla Giustizia Ugolini. Giudica la lettera “pesante, profondamente irrituale, inopportuna, parziale”. Raffigura – spiega - solo l'ultima parte di una vicenda iniziata nel 2017 con la rimozione del Magistrato Dirigente”. Ricorda che la politica di allora, “invece di stemperare i toni, scelse di scatenare un conflitto nella magistratura, portando verbali e dichiarazioni della Pierfelici nel Consiglio Plenario prima e Ordinario poi. Affermazioni che – continua - riguardano un intreccio con il sistema bancario e finanziario, riportando alle vicende Asset e Cis. Quella revoca – sottolinea Ugolini – ha scatenato astensioni e ricusazioni a catena che hanno rallentato i lavori del tribunale. “Per sanare la situazione siamo stati chiamati a intervenire con una norma”. Poi conferma: “c'è un grosso problema di separazione di poteri. Quell'atto di revoca della Pierfelici ha fatto saltare schemi e il delicato confine fra politica e magistratura, magistratura e politica”. Fa notare che i firmatari della lettera sono gli stessi che lo sottoscrissero. Riguardo agli organismi internazionali: “Porteremo tutto all'evidenza del Consiglio d'Europa, partendo fin dall'inizio”. Si dice poi allibito in merito ai riferimenti sulla Reggenza e richiama al rispetto delle istituzioni: “la Suprema Magistratura è insindacabile. La Reggenza l'abbiamo sempre rispettata tutti”. Infine, sull'esigenza di portare a termine i processi: qualora si verifichi la vacanza di qualche giudice, si sospenda la prescrizione di certi reati.
Che in tribunale sia in corso una lotta intestina è chiaro a tutti, “spietata e insopportabile” dice Giovanni Zonzini. Ma i problemi della giustizia, per il consigliere di Rete, non nascono tre anni fa. “Per molto tempo in questo paese determinati poteri e persone hanno goduto della più totale impunità”. Rispetto alla cacciata del magistrato dirigente che ha scatenato la guerriglia, chiarisce: l'equilibrio che c'era non è quello che vorrei in un paese. Giusto sia finito quello status quo. Si rivolge ad entrambe le parti: impossibile pensare ad una restaurazione. Il vero problema che attanaglia il paese è per Zonzini l'ingerenza delle correnti giudiziarie all'interno della politica, non il contrario. Chiede uno scatto d'orgoglio: un nuovo codice di procedura penale che adegui San Marino alle normative europee e una riforma dell'ordinamento giudiziario che separi parte accusante da quella giudicante. Rispetta la decisione di Iro Belluzzi: “ognuno deve votare secondo coscienza”. Sono sicuro che Zonzini sia libero – dice Michele Muratori - ma non posso dire lo stesso dei suoi colleghi di partito e maggioranza. Chi non è in linea viene invitato a dimettersi. Non siete riusciti ad inserire le dimissioni di Belluzzi semplicemente perché non avevate i 39 voti che servivano per la sostituzione”.
Durissimo Gian Nicola Berti, che non risparmia invece critiche al collega di lista “che nella libertà assoluta del mandato – dice - ha spiegato chi è e da che parte sa dal punto di vista politico”. Fa riferimento ad una cronologia di eventi stranissima. “Mi fa pensare che tutto fosse pianificato fin dall'inizio” ed evidenzia il conflitto di interessi dei firmatari. Peccato che quella lettera – aggiunge – sia una salva di cannone: non porterà a nessuna parte”. Non è il primo esposto – ricorda - che va alla CEDU. Ricorda quelli di Marco Gatti a Strasburgo per “scorrettezze e atti gravissimi contro le istituzioni, deriso dalla maggioranza e nell'indifferenza di quei magistrati che oggi vi si appellano”. Ciò che è grave, aggiunge, è che oggi “gli atti politici li fanno i magistrati in un contesto ben preciso, arrivando a minacciare ritorsioni se non vengono accolte loro istanze”. Vedi il Mazzini. Attacca quindi Nicola Renzi: una certa politica non vuole che la giustizia funzioni. Il problema – continua - non è tanto la commistione politica/affari, è che certi affaristi dispongono anche di giudici che portano avanti loro istanze. E punta il dito contro chi indossa una toga di cui non ha rispetto Anche Alessandro Cardelli ricorda la segnalazione di Gatti al Consiglio d'Europa. “La fece – ricorda - in quanto membro del parlamento. Oggi invece abbiamo magistrati che si rivolgono ad un organismo politico. Evidentemente perché l'ingerenza non è del potere legislativo/esecutivo su quello giudiziario, ma il contrario”.Il tribunale – scrivono i magistrati - non è più credibile. Ma se un giudice non ha fiducia nella giustizia sammarinese – si chiede Cardelli - come puoi averla un cittadino o un investitore?”.
Giuseppe Morganti non nasconde l'amarezza: “peccato che la politica non abbia la forza di trovare una strada comune per risolvere questo contrasto e restaurare la pace nel tribunale”. Teme non solo per il tribunale ma per gli scompensi in tanti altri settori. Si dice allibito da certe affermazioni in relazione all'onorabilità di magistrati in carica. Parla di intervento a gamba tesa sulla magistratura da parte della maggioranza, “che arriva addirittura a permettersi attraverso atti politici di intervenire su ruolo, funzione e impedendo che magistrati esercitino il proprio lavoro”. Mette quindi in guardia: “Quando i poteri perdono loro equilibrio, il rischio di conseguenze ben più gravi sono dietro l'angolo. Definisce la retroattività “macello istituzionale che avrebbe bloccato il tribunale sottoponendo il paese alla critica internazionale proprio quando abbiamo più bisogno di solidarietà”. Miriam Farinelli parla di aggressione della maggioranza al tribunale. La questione giustizia – ricorda - è nata in Commissione, con le affermazioni dell'ex magistrato dirigente che poi hanno portato alla sua delegittimazione”. Per la maggioranza, però, parte della magistratura sta facendo strumentalizzazione politica. “L'indipendenza fra poteri – ricorda Elena Tonnini - non va in un'unica direzione”. Ritiene che i fatti siano stati ricostruiti in maniera parziale. Non si fa riferimento, ad esempio, alla cacciata dell'allora magistrato dirigente con un odg illegittimo, in cui fu determinate il voto della politica dell'allora maggioranza o la legge fatta su misura per chi non era magistrato. Soprattutto, si è inteso bypassare il ruolo del collegio garante, che ha compito di decidere su conflitti fra organi costituzionali.
Non mancano momenti di tensione, con scontri anche forti fra membri di maggioranza ed opposizione. Per Ferdinando Bindi il confine fra propaganda, isteria e cose serie è incerto. "Il clima è di una campagna elettorale di cui non abbiamo bisogno. Non ci si deve scandalizzare per la lettera. Nel momento in cui si entra in organismi internazionali è normale che ne si accettino le regole". E invita a spogliare questi atti da attentati alla Repubblica.
Atteso l'intervento di Filippo Tamagnini, che spiega le ragioni delle sue dimissioni “ non richieste” dalla Commissione Giustizia. Non voleva che maggioranza e governo si sentissero ostacolati dai suoi giudizi o frenati dal suo voto. Giusto rimettere il mandato – spiega – quando non c'è perfetta sintonia di intenti. Si fa strada la convinzione che il Consiglio Giudiziario sia organo di autogoverno della magistratura stessa, autorizzato a compiere gli atti di rappresentanza della magistratura. Si desume quindi che è lecito revocare l'incarico del magistrato dirigente. Così come è lecito poter discutere all'interno del Consiglio la sua composizione. Si giudica sbagliato quanto accaduto in passato e rispetto – dice - che si voglia rimediare, ma non risolvendo un problema lasciandone inalterati altri. Non si guarda al nucleo della vicenda. Infine, non merita Belluzzi i giudizi che ho sentito oggi. Anche io sono stato tirato in ballo ma non ho accordi con nessuno. C'è la necessità di un nuovo spazio istituzionale creato per legge, luogo del confronto, per ricreare un clima di fiducia. “Non siamo di fronte a una querelle tra avversari politici, ma a una lotta tra organi dello Stato”.
"Se le colombe in maggioranza – prende la parola Matteo Ciacci – avranno la capacità di emergere e non si continuerà ad agire per interessi specifici, noi ci saremo. E senza chiedere in cambio niente”.