Mondo parallelo. Di questo si tratta.
La politica considera sé stessa un mondo a parte, in cui valgono regole e tutele diverse rispetto quelle della popolazione. Un mondo in cui le regole non sono uguali per tutti, in cui ci si comporta in modi differenti in base al peso che si ha.
L'esempio dato in questi giorni dal Consiglio Grande e Generale è lampante in questo senso.
Mentre si discutevano le dimissioni dal Consiglio di due Consiglieri, Gian Marco Marcucci e Giovanni Lonfernini, indagati dal nostro tribunale all'interno dell’indagine sul“conto Mazzini”, il consigliere Stefano Macina, anch'esso indagato nello stesso procedimento, si dimetteva solo dal suo ruolo all'interno della Commissione Affari di Giustizia, rimanendo tuttavia all'interno del Consiglio e addirittura Capogruppo del PSD.
Come? Due si dimettono e un altro, nella stessa situazione, non lo fa?
Ma c'è di più. Pier Marino Mularoni oramai è assente dall'aula consiliare da 3-4 mesi, ma col cavolo presenta le sue dimissioni. Quindi anche lui, nelle stesse condizioni, rimane consigliere ma... in contumacia!
C'è poi il caso di Claudio Felici, dimessosi un mese fa dal suo ruolo di Segretario di Stato per essere stato tirato in ballo all'interno dello stesso procedimento. Addirittura non era nemmeno indagato all'epoca, e come lui era stato tirato in ballo un altro Segretario di Stato, Giuseppe Maria Morganti... ma lui non si è dimesso?
A distanza di un mese, Claudio Felici passa da semplice testimone a indagato, e allora invece di cogliere le dovute conseguenze, gli danno un premio. Lo nominano a membro della Commissione Consigliare Permanente per Affari Interni, che prevede anche la delega per la Giustizia. Normale che un indagato, pur innocente fino a sentenza, possa discutere su norme inerenti la giustizia? A San Marino a quanto pare sì!
Secondo noi chi è indagato in procedimenti così gravi e infamanti come quello in questione, pur non essendo obbligato a dimettersi, dovrebbe sentire il dovere morale di farlo a tutela del buon nome e della credibilità delle istituzioni.
Qua invece abbiamo il mondo parallelo della politica che si complimenta con i dimissionari per il loro “coraggio”!
Tranquilli, prima o poi qualcuno salterà fuori da un qualche angolino e ci dirà: “siete su scherzi a parte”.
La politica considera sé stessa un mondo a parte, in cui valgono regole e tutele diverse rispetto quelle della popolazione. Un mondo in cui le regole non sono uguali per tutti, in cui ci si comporta in modi differenti in base al peso che si ha.
L'esempio dato in questi giorni dal Consiglio Grande e Generale è lampante in questo senso.
Mentre si discutevano le dimissioni dal Consiglio di due Consiglieri, Gian Marco Marcucci e Giovanni Lonfernini, indagati dal nostro tribunale all'interno dell’indagine sul“conto Mazzini”, il consigliere Stefano Macina, anch'esso indagato nello stesso procedimento, si dimetteva solo dal suo ruolo all'interno della Commissione Affari di Giustizia, rimanendo tuttavia all'interno del Consiglio e addirittura Capogruppo del PSD.
Come? Due si dimettono e un altro, nella stessa situazione, non lo fa?
Ma c'è di più. Pier Marino Mularoni oramai è assente dall'aula consiliare da 3-4 mesi, ma col cavolo presenta le sue dimissioni. Quindi anche lui, nelle stesse condizioni, rimane consigliere ma... in contumacia!
C'è poi il caso di Claudio Felici, dimessosi un mese fa dal suo ruolo di Segretario di Stato per essere stato tirato in ballo all'interno dello stesso procedimento. Addirittura non era nemmeno indagato all'epoca, e come lui era stato tirato in ballo un altro Segretario di Stato, Giuseppe Maria Morganti... ma lui non si è dimesso?
A distanza di un mese, Claudio Felici passa da semplice testimone a indagato, e allora invece di cogliere le dovute conseguenze, gli danno un premio. Lo nominano a membro della Commissione Consigliare Permanente per Affari Interni, che prevede anche la delega per la Giustizia. Normale che un indagato, pur innocente fino a sentenza, possa discutere su norme inerenti la giustizia? A San Marino a quanto pare sì!
Secondo noi chi è indagato in procedimenti così gravi e infamanti come quello in questione, pur non essendo obbligato a dimettersi, dovrebbe sentire il dovere morale di farlo a tutela del buon nome e della credibilità delle istituzioni.
Qua invece abbiamo il mondo parallelo della politica che si complimenta con i dimissionari per il loro “coraggio”!
Tranquilli, prima o poi qualcuno salterà fuori da un qualche angolino e ci dirà: “siete su scherzi a parte”.
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