E’ nata! E’ nata! La Legge sullo sviluppo, dopo una gravidanza di sei mesi e un travaglio che ha coinvolto tutta l’ultima seduta del Consiglio Grande e Generale, ha visto la luce. I suoi genitori (DC, AP E PSD) sono entusiasti e la venerano con occhi adoranti. Un parto che assomiglia più a una gravidanza isterica verrebbe da dire, se ci si soffermiamo ad analizzarne la fase preliminare e il risultato finale.
Intanto la legge è stata annunciata come frutto del confronto tra più parti sociali (partiti, associazioni di categoria…) e poi spacciata come provvedimento immediatamente operativo, ricco di contenuti concreti. Peccato che, come già detto più volte, l’articolato sia stato in un primo tempo copiato di sana pianta da un decreto di sei anni fa; peccato che le proposte avanzate dalle parti sociali non siano neanche state prese in considerazione senza nessun motivo apparente. Peccato che questa legge immediatamente operativa rimandi continuamente le decisioni a decreti delegati e regolamenti cui il Congresso di Stato dovrà provvedere in seguito, non si sa bene quando.
Quali sono i settori da incentivare? Non si sa, ce lo dirà il governo quando emanerà l’apposito Decreto Delegato (art. 17). Quali imprese possono essere considerate imprese Start up ad alta tecnologia e quindi godere di agevolazioni fiscali? Non è dato saperlo, i requisiti li definirà il governo in un Regolamento (art. 20 bis). E sarà sempre il governo, tramite delibera, a riconoscere se un’impresa può o non può definirsi Start Up ad alta tecnologia. Così la discrezionalità rimane sempre lì, nelle mani dei nove Segretari di Stato.
E come si fa a parlare di confronto quando il testo di legge presentato in prima lettura, su cui si sono concentrate le forze politiche per portare i propri emendamenti e proposte, è stato completamente ribaltato dal governo in seconda lettura? Articoli cancellati per intero, articoli aggiunti, articoli che inizialmente erano di poche righe hanno subito radicali modifiche. Ad esempio, le poche righe dell’art. 25 “Gestione rifiuti” sono state sostituite integralmente da un papiro che istituisce l’”Osservatorio per la gestione integrata e sostenibile dei rifiuti”. Ma come si fa a confrontarsi se non si ha neppure il tempo di leggere? Perché di questa proposta del governo, così come di altre, non si è parlato al tavolo di confronto?
Il governo rimane sordo, cieco e muto agli appelli di popolazione, commercianti, imprese allo stremo ed elemosina loro solo qualche briciola, da bravo soldatino rimane sull’attenti quando gli appelli provengono dalle banche. Non a caso, all’art. 30 il governo esenta dall’imposta la registrazione dei contratti di mandato fiduciario che, solitamente, vengono stipulati da chi i soldi li ha già e non vuole farlo sapere. Ma cosa c’entra questo con lo sviluppo? L’art. 30 non crea occupazione e non risponde ad alcuna logica di sviluppo se non a quella di continuare a favorire i soliti noti/ignoti. Invece la popolazione continua a pagare: non dimentichiamo in finanziaria sono state riconfermate tutte le tasse, inclusa l’addizionale IGR, e a breve arriverà anche l’imposta straordinaria sugli immobili.
Insomma, questa legge sullo sviluppo non risponde a niente e a nessuno se non alle solite logiche di potere e ricalca in maniera preoccupante alcuni maldestri tentativi, miseramente falliti, che i governi passati avevano attuato proprio per incentivare i consumi interni e favorire nuove entrate (come il Decreto n. 65 del 2007 “Disposizioni fiscali per incentivare gli investimenti e il consolidamento d’impresa” e il Decreto legge 156 del 2010 “ interventi fiscali ed amministrativi urgenti”). Un provvedimento posticcio, che niente ha di nuovo, né di lungimirante, né di originale, che non sburocratizza e che non si pone obiettivi chiari e misurabili.
Alla fine, tutti questi mesi di gestazione si sono rivelati una semplice gravidanza isterica.
Movimento R.E.T.E.
Intanto la legge è stata annunciata come frutto del confronto tra più parti sociali (partiti, associazioni di categoria…) e poi spacciata come provvedimento immediatamente operativo, ricco di contenuti concreti. Peccato che, come già detto più volte, l’articolato sia stato in un primo tempo copiato di sana pianta da un decreto di sei anni fa; peccato che le proposte avanzate dalle parti sociali non siano neanche state prese in considerazione senza nessun motivo apparente. Peccato che questa legge immediatamente operativa rimandi continuamente le decisioni a decreti delegati e regolamenti cui il Congresso di Stato dovrà provvedere in seguito, non si sa bene quando.
Quali sono i settori da incentivare? Non si sa, ce lo dirà il governo quando emanerà l’apposito Decreto Delegato (art. 17). Quali imprese possono essere considerate imprese Start up ad alta tecnologia e quindi godere di agevolazioni fiscali? Non è dato saperlo, i requisiti li definirà il governo in un Regolamento (art. 20 bis). E sarà sempre il governo, tramite delibera, a riconoscere se un’impresa può o non può definirsi Start Up ad alta tecnologia. Così la discrezionalità rimane sempre lì, nelle mani dei nove Segretari di Stato.
E come si fa a parlare di confronto quando il testo di legge presentato in prima lettura, su cui si sono concentrate le forze politiche per portare i propri emendamenti e proposte, è stato completamente ribaltato dal governo in seconda lettura? Articoli cancellati per intero, articoli aggiunti, articoli che inizialmente erano di poche righe hanno subito radicali modifiche. Ad esempio, le poche righe dell’art. 25 “Gestione rifiuti” sono state sostituite integralmente da un papiro che istituisce l’”Osservatorio per la gestione integrata e sostenibile dei rifiuti”. Ma come si fa a confrontarsi se non si ha neppure il tempo di leggere? Perché di questa proposta del governo, così come di altre, non si è parlato al tavolo di confronto?
Il governo rimane sordo, cieco e muto agli appelli di popolazione, commercianti, imprese allo stremo ed elemosina loro solo qualche briciola, da bravo soldatino rimane sull’attenti quando gli appelli provengono dalle banche. Non a caso, all’art. 30 il governo esenta dall’imposta la registrazione dei contratti di mandato fiduciario che, solitamente, vengono stipulati da chi i soldi li ha già e non vuole farlo sapere. Ma cosa c’entra questo con lo sviluppo? L’art. 30 non crea occupazione e non risponde ad alcuna logica di sviluppo se non a quella di continuare a favorire i soliti noti/ignoti. Invece la popolazione continua a pagare: non dimentichiamo in finanziaria sono state riconfermate tutte le tasse, inclusa l’addizionale IGR, e a breve arriverà anche l’imposta straordinaria sugli immobili.
Insomma, questa legge sullo sviluppo non risponde a niente e a nessuno se non alle solite logiche di potere e ricalca in maniera preoccupante alcuni maldestri tentativi, miseramente falliti, che i governi passati avevano attuato proprio per incentivare i consumi interni e favorire nuove entrate (come il Decreto n. 65 del 2007 “Disposizioni fiscali per incentivare gli investimenti e il consolidamento d’impresa” e il Decreto legge 156 del 2010 “ interventi fiscali ed amministrativi urgenti”). Un provvedimento posticcio, che niente ha di nuovo, né di lungimirante, né di originale, che non sburocratizza e che non si pone obiettivi chiari e misurabili.
Alla fine, tutti questi mesi di gestazione si sono rivelati una semplice gravidanza isterica.
Movimento R.E.T.E.
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