Si ingarbuglia ulteriormente la vicenda del mai nato centro onocologico sammarinese. Il mese scorso il Segretario di Stato alla Sanità, Massimo Rossini, aveva consegnato al Consiglio Grande e Generale copia delle conclusioni a cui erano giunti i 4 tecnici incaricati di compiere un’indagine amministrativa voluta dall’esecutivo. Già deciso un dibattito specifico in parlamento al termine del quale si deciderà se affidare gli atti alla magistratura. Ora le due società chiamano lo Stato sammarinese a rifondere quelli che ritengono i danni subiti per la mancata applicazione dell’accordo e chiedono un risarcimento di oltre 50 milioni di euro. La comunicazione è arrivata nei giorni scorsi, attraverso un notifica del tribunale sammarinese su richiesta del foro di Roma a cui è stata presentata l’istanza. L’Udienza sarebbe stata fissata nella capitale italiana per il prossimo 4 gennaio. Chiamati in causa l’attuale Segretario di Stato alla Sanità, Massimo Rossini, l’intero Congresso di Stato e i sindaci di Governo, insieme ad altri esponenti del mondo politico sammarinese in veste di testimoni, persone informate dei fatti che risalgono, lo ricordiamo al 4 aprile 2001. In quella data viene firmato a Roma un accordo politico per la realizzazione del Centro Oncologico, a cui fa seguito un patto firmato dall’allora segretario di Stato alla Sanità, Romeo Morri, con il quale si incaricano due società di concretizzare le intese. Tutto resta fermo e 4 anni dopo la Cese Srl, di San Marino e la Globe Business Development & Service di Roma, spediscono al governo sammarinese una diffida a procedere pena la richiesta di danni, accusando l’esecutivo di inadempienza agli accordi sottoscritti. Si apre un’indagine amministrativa che si chiude con una relazione pesante: il Congresso di Stato non aveva autorizzato l’allora Segretario alla Sanità a stipulare il contratto per la realizzazione del centro oncologico; che il Consiglio di Amministrazione dell’Iss non aveva dato alcuna indicazione in merito come pure l’eccellentissima camera non aveva concesso l’uso dell’immobile indicato, parte del complesso ospedaliero. Sempre dall’indagine è emerso che in favore dell’azienda in questione non è stata data alcuna autorizzazione preventiva alla concessione e che la stessa non ha, nel proprio oggetto sociale, alcun collegamento con l’esercizio di attività sanitarie. Ora le due società battono cassa e lo fanno attraverso il palazzo di giustizia romano. Ma potrà mai celebrarsi un processo simile? Potrà esser chiamato in giudizio un governo di fronte all’autorità giudiziaria di un altro paese? Se in calce agli accordi firmati si legge, come consuetudine, la dicitura: per ogni controversia sarà competente il foro sammarinese, come si potrà impugnare un atto di fronte ad una giustizia diversa da quella della Repubblica? Interrogativi che restano al momento senza risposta. Certo i legali dello Stato solleveranno l’obiezione della territorialità, intanto il governo potrebbe tenere presto un summit fra i segretari di stato per decidere il da farsi.
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