Avrebbe compiuto 32 anni, Amy Winehouse. Li avrebbe compiuti oggi, 14 settembre. L’uscita del film documentario sulla sua vita, diretto da Asif Kapaida (regista anche del bellissimo documentario Senna), nelle sale il 15, 16 e 17 settembre, ha quindi il sapore di una celebrazione. Ragazzina bianca con la voce da nera, moriva il 23 luglio del 2011. Fu trovata nella sua casa al numero 30 di Camden Square, l'allarme dato dalla sua guardia che la trovò riversa nel letto. Overdose accidentale di alcool, il referto. Dopo una vita di eccessi. Artista inquieta, entrò con la sua morte a far parte del dannatamente famoso Club dei 27, insieme a divi maledetti come Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Kurt Cobain.
Cinque Grammy Awards, 15 centimetri di pettinatura e un’estensione vocale di 3 ottave e un semitono. La bellezza di 15 tatuaggi rockabilly, eye-liner spesso, voce (e anima) soul, reggiseno di pizzo rosso e accessori ispirati agli anni ‘60. Oltre che un'artista, è stata un'icona di stile, personalissimo e inimitabile. Karl Lagerfeld le aveva dedicato una collezione Chanel nel 2008 e Jean Paul Gaultier, dopo la sua morte, le ha reso omaggio mandando in passerella tanti cloni di Amy con l'inconfondibile "cofana" declinata in tutti i colori possibili.
Londinese, classe 1983, cantautrice, stilista e produttrice discografica, Winehouse attirò l'attenzione della critica già con l'album d'esordio, Frank, e poi conquistò il mondo nel 2007 con il secondo, Back to Black. Conteneva singoli come Losing Game e quel Rehab dal ritornello indimenticabile.
Amy in rehab ci è andata, doveva. Quando è uscita, un cronista del Daily Mirror l'ha beccata mentre sniffava vodka con la cannuccia. Senza più un'ombra di privacy, sbandata, vinse cinque Grammy, fu adorata al limite del fanatismo, pagata 750mila euro per una sola serata al Metropolitan di New York (sollecitata ad accettare la cifra addirittura da George Clooney e Julia Roberts). Quando è morta, era al lavoro sul suo terzo album solista: brani che non sentiremo mai, dal momento che i nastri sono stati distrutti dalla casa discografica proprio per tutelarne la memoria, come ha spiegato l’AD della Island Records. Ed evitare la caccia all'inedito.
Cinque Grammy Awards, 15 centimetri di pettinatura e un’estensione vocale di 3 ottave e un semitono. La bellezza di 15 tatuaggi rockabilly, eye-liner spesso, voce (e anima) soul, reggiseno di pizzo rosso e accessori ispirati agli anni ‘60. Oltre che un'artista, è stata un'icona di stile, personalissimo e inimitabile. Karl Lagerfeld le aveva dedicato una collezione Chanel nel 2008 e Jean Paul Gaultier, dopo la sua morte, le ha reso omaggio mandando in passerella tanti cloni di Amy con l'inconfondibile "cofana" declinata in tutti i colori possibili.
Londinese, classe 1983, cantautrice, stilista e produttrice discografica, Winehouse attirò l'attenzione della critica già con l'album d'esordio, Frank, e poi conquistò il mondo nel 2007 con il secondo, Back to Black. Conteneva singoli come Losing Game e quel Rehab dal ritornello indimenticabile.
Amy in rehab ci è andata, doveva. Quando è uscita, un cronista del Daily Mirror l'ha beccata mentre sniffava vodka con la cannuccia. Senza più un'ombra di privacy, sbandata, vinse cinque Grammy, fu adorata al limite del fanatismo, pagata 750mila euro per una sola serata al Metropolitan di New York (sollecitata ad accettare la cifra addirittura da George Clooney e Julia Roberts). Quando è morta, era al lavoro sul suo terzo album solista: brani che non sentiremo mai, dal momento che i nastri sono stati distrutti dalla casa discografica proprio per tutelarne la memoria, come ha spiegato l’AD della Island Records. Ed evitare la caccia all'inedito.
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