Mersin chiude. Ed e' una citta' diversa, modernizzata da 71 km di strade e 11 impianti sportivi nuovi di zecca. Ecco l'eredità vera: quei giochi che i turchi hanno visto un po' poco per una serie di motivi li vedranno dopo. Vedranno quel che resta. E pazienza se alla cerimonia di chiusura il Ministro dello Sport lo ripete ossessivamente. Qui hanno fatto tutto in poco più di anno, organizzato anche gli applausi sempre pronti a coprire fischietti isolati, afoni e molto civili. Mersin chiude. Con un altro spettacolo degno e passa il testimone a Tarragon, la spagnola Tarragona che sarà Mediterraneo nel 2017. Saranno Giochi da preparare in 4 anni, senza la fretta di sostituzioni volanti o l'ansia di sfide da vincere a tutti i costi. La grande famiglia di popoli che abitano questo bacino antico nel quale tutto o quasi e' nato ritorna a darsi la mano, a chiedere allo sport lo spunto perché la naturale tendenza al litigio sia solo un campanile, una sana rivalità. Dove magari una guerra si possa vincere o perdere con un oro o un legno. È un messaggio di pace che attraversa chiese e moschee, confessionali e tappeti per pregare, che unisce popoli così diversi e così uniti da un mare che tutti chiamano "nostrum". È bello anche che parta da qui, dove tra dire e non dire sarebbe meglio non dire, nel cuore di una terra che basta un cerino a farla scoppiare. Non esistono museruole per lo sport. Palla a Tarragona.
Roberto Chiesa
Roberto Chiesa
Riproduzione riservata ©