Davanti a Nadal si arrende anche il vocabolario. Perché se Borg è re di Parigi per averci vinto sei volte, che titolo può esserci per Rafa che in bacheca di Roland Garros ne ha messi sette? Meglio lasciar stare i paragoni e celebrare ognuno nel proprio tempo i campioni di due tennis lontani. Nadal settimo, incoronato in due giorni con la pioggia che ha tenuto in vita Djokovic oltre la naturale scadenza della domenica sera. 3 ore e 49 al netto di una notte passata ad aspettar che spiovesse che ha ulteriormente caricato di tensione un match vissuto più sui nervi che sul gioco. Il doppio di Nole sul match point riassume in una riga la finale che il numero uno del mondo ha ceduto al maiorchino. Che dal 2005 ha cannibalizzato lo slam sul rosso e sarebbe stato uno storico filotto se non ci fosse stata l’incursione di Federer, non proprio l’ultimo arrivato ma qui fa la figura dell’intruso. La sfida si sposta ora sul cemento americano dove l’ultimo da battere sarà Djokovic, e dove prima di Nadal è da citare lo stesso Federer. Sempre che il grande Rafa nel frattempo non diventi grandissimo e il suo tennis così assoluto sulla terra possa scoprirsi definitivo anche sul duro.
Roberto Chiesa
Roberto Chiesa
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