Sono poche le melodie monotone che possano dirsi complete o godibili. Allo stesso modo – al fine di comprendere una storia nella sua interezza – sono diversi gli strumenti da ascoltare, nel loro complesso, per meglio tessere le fila di una vicenda, pure intricata come quella legata alla morte di Marco Pantani.
Presso il Teatro degli Atti di Rimini, nella serata di ieri, si è tenuta la presentazione del libro “Delitto Pantani: ultimo chilometro (segreti e bugie)” scritto dal giornalista Andrea Rossini, edito Nda Press. Al tavolo anche Pietro Caricato (Direttore del Corriere di Romagna per il quale Andrea si occupa di cronaca giudiziaria), Matt Rendell – giornalista inglese – e Francesco Ceniti, firma della Gazzetta dello Sport che ha dato lo scoop della riapertura dell'inchiesta e che ha alle spalle un libro scritto insieme a mamma Tonina. Avrebbe dovuto esserci anche Antonio De Rensis, legale della famiglia Pantani, trattenuto – pare – da impegni professionali.
La strada imboccata da Rossini è quella delle carte giudiziare e della verità processuale – non necessariamente assoluta – sulla notte di San Valentino del 2014, quando al Residence Le Rose si spense la vita di uno dei più grandi campioni italiani di sempre. Dalle pagine ora romanzate, ora tecnico-giudiziarie, emerge l'immagine dell'uomo in difficoltà: non solo Pantani, anche Marco; un uomo che faceva uso smodato di cocaina e che già in cinque occasioni prima di quella fatale venne salvato per il rotto della cuffia dai medici. L'anticipazione dei responsi del professor Tagliaro avvalora la tesi: "Pantani non fu aggredito o picchiato prima di morire, le lesioni sono quelle tipiche di persone distratte o prive di equilibrio perché alterate" - si legge sul Corriere di oggi.
La pallina di cui si parla tanto nelle ultime settimane, piuttosto che ricorrere a nuovi testimoni a distanza di tanti anni, sono solo elementi circostanziali che non inficiano la sentenza del 2005, che ha portato all'arresto e alla confessione degli spacciatori che rifornirono Marco. La tempistica con cui quella palla di pane piena zeppa di cocaina sarebbe poi stata aggiunta alla scena del presunto delitto – vale a dire tra l'arrivo dei soccorsi e quello della polizia – non ha senso logico – spiega Rossini; perchè nelle 10 ore precedenti in cui il corpo è restato nella camera gli ipotetici assassini avrebbero creato quel “caos ordinato” dimenticandosi proprio l'elemento che più d'ogni altro connoterebbe il depistaggio verso l'overdose? Non è una storia commerciale – questo è certo – difficilmente verrà digerita dai tifosi, ma l'obiettivo di un'inchiesta e di un giornalista – chiosa Rossini – è quello di raccontare la verità. Intanto l'avvocato De Rensis - incassata una querela di diffamazione da parte dei poliziotti della Squadra Mobile risentiti per l'aver messo in dubbio la professionalità e l'imparzialità del proprio lavoro nella perquisizione del 2004 - medita lo spostamento dell'inchiesta dalla procura di Rimini.
LP
Presso il Teatro degli Atti di Rimini, nella serata di ieri, si è tenuta la presentazione del libro “Delitto Pantani: ultimo chilometro (segreti e bugie)” scritto dal giornalista Andrea Rossini, edito Nda Press. Al tavolo anche Pietro Caricato (Direttore del Corriere di Romagna per il quale Andrea si occupa di cronaca giudiziaria), Matt Rendell – giornalista inglese – e Francesco Ceniti, firma della Gazzetta dello Sport che ha dato lo scoop della riapertura dell'inchiesta e che ha alle spalle un libro scritto insieme a mamma Tonina. Avrebbe dovuto esserci anche Antonio De Rensis, legale della famiglia Pantani, trattenuto – pare – da impegni professionali.
La strada imboccata da Rossini è quella delle carte giudiziare e della verità processuale – non necessariamente assoluta – sulla notte di San Valentino del 2014, quando al Residence Le Rose si spense la vita di uno dei più grandi campioni italiani di sempre. Dalle pagine ora romanzate, ora tecnico-giudiziarie, emerge l'immagine dell'uomo in difficoltà: non solo Pantani, anche Marco; un uomo che faceva uso smodato di cocaina e che già in cinque occasioni prima di quella fatale venne salvato per il rotto della cuffia dai medici. L'anticipazione dei responsi del professor Tagliaro avvalora la tesi: "Pantani non fu aggredito o picchiato prima di morire, le lesioni sono quelle tipiche di persone distratte o prive di equilibrio perché alterate" - si legge sul Corriere di oggi.
La pallina di cui si parla tanto nelle ultime settimane, piuttosto che ricorrere a nuovi testimoni a distanza di tanti anni, sono solo elementi circostanziali che non inficiano la sentenza del 2005, che ha portato all'arresto e alla confessione degli spacciatori che rifornirono Marco. La tempistica con cui quella palla di pane piena zeppa di cocaina sarebbe poi stata aggiunta alla scena del presunto delitto – vale a dire tra l'arrivo dei soccorsi e quello della polizia – non ha senso logico – spiega Rossini; perchè nelle 10 ore precedenti in cui il corpo è restato nella camera gli ipotetici assassini avrebbero creato quel “caos ordinato” dimenticandosi proprio l'elemento che più d'ogni altro connoterebbe il depistaggio verso l'overdose? Non è una storia commerciale – questo è certo – difficilmente verrà digerita dai tifosi, ma l'obiettivo di un'inchiesta e di un giornalista – chiosa Rossini – è quello di raccontare la verità. Intanto l'avvocato De Rensis - incassata una querela di diffamazione da parte dei poliziotti della Squadra Mobile risentiti per l'aver messo in dubbio la professionalità e l'imparzialità del proprio lavoro nella perquisizione del 2004 - medita lo spostamento dell'inchiesta dalla procura di Rimini.
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