Sempre Gerard Piqué ma, da domenica, semplice culé. Che non è un'offesa – anche se il riferimento è proprio a quello – bensì il nome con cui sono noti i tifosi del Barcellona. Ed è proprio a loro che è rivolto il tweet con cui la storica bandiera blaugrana ha annunciato, a sorpresa, il ritiro. Il tempo della partita di Liga con l'Almeria e Piqué, 35 anni, tornerà ad essere semplice tifoso del Barça. Lui che sognava di giocare nel Barça e solo nel Barça, e ora che non può più essere protagonista lì – complice il fisiologico calare e la perdita del posto annunciatagli già in estate dall'ex compagno Xavi – meglio chiudere la carriera. L'ultimo regalo d'amore a una società in grossi guai finanziari e che, col suo addio apparentemente per scelta unilaterale, dovrebbe risparmiare una cinquantina di milioni.
Piqué saluta dopo una carriera immensa: campione del Mondo e d'Europa con la Spagna – con 102 presenze – e 14 stagioni e un po' col suo Barcellona, con cui ha conquistato 8 campionati, 3 Champions e 31 titoli in generale. A cui si aggiungono un'altra Champions e una Premier vinte nel 2008, da comprimario, col Manchester United, piccola, significativa parentesi tra la cantera blaugrana e i trionfi coi “grandi”. Il ritorno a casa proprio nell'estate del 2008, quella dell'arrivo di Guardiola e della leggendaria era tiqui taca, partita con l'anno solare perfetto da 6 titoli in 6 competizioni.
Qui Piqué è subito protagonista in campo e simbolo radicale del concetto del Mes que un club, per cui il Barcellona rappresenta, anche, l'orgoglio e l'autodeterminazione della Catalogna. Piqué ci ha sempre messo la faccia in questo, risultando così uno dei personaggi più divisivi della sua epoca, nel suo Paese. Idolo incontrastato per i culés, odioso per tutti gli altri: per i tifosi del Real Madrid, che ha punzecchiato in ogni occasione (famosa la manita dopo uno storico 5-0) e anche, nonostanti i trionfi per quelli della Spagna, per via del suo appoggio ai moti indipendentisti del 2017 che lo spinse all'addio alla Nazionale dopo il Mondiale russo.
E ora l'uscita di scena in un anonimo giovedì di novembre: conclusione magari non degna del campione che fu ma sintesi perfetta di un uomo che banale, tra Shakira, la carriera parallela da grande imprenditore e le prese di posizioni ideologiche, non lo è mai stato.