Motivi per sorridere ce ne sarebbero, ma il preserale si racchiude in una smorfia. Perchè per diventare grande San Marino non può permettersi di accontentarsi di sconfitte di misura. E infatti non lo fa, prevale un'inquietudine di fondo, la libera circolazione dei succhi gastrici che non cancella quanto di buono visto, ma nemmeno fa fare i salti di gioia. Perchè se qualche risultato aiuta il processo di crescita, le occasioni per coglierlo non sono molte e quando l'avversario è forte, ma umano, va azzannato. L'Azerbaijan è quanto di più abbordabile proponga il girone e quindi a far per lo meno pari ci si pensa eccome. Prima e dopo averlo visto sul campo, perchè al di là di uno sterile possesso e qualche imbucata, non si vede altro tanto che chi ha frequentato lo spogliatoio nell'intervallo racconta di urla in russo dell'ex stella della Croazia Prosinecky, che del vantaggio minimo se ne faceva il giusto. San Marino ha un pregio e un'attenuante. Il pregio è che si muove da squadra, tutti sanno cosa fare e c'è anche un bel concetto di mutualità e aiuto. Sotto questo aspetto un Commissario Tecnico non può chiedere di più, l'attenuante è un ricambio generazionale che necessita di un po' di tempo per stabilire e stabilizzare nuove gerarchie e nuovi equilibri. In questo affrontare subito la partita sulla quale puntare tutto è stato uno scherzo del calendario. In più c'è da correggere ogni considerazione al netto del fatto che l'espulsione di Brolli ha costretto i sammarinesi quasi un tempo in 10. Togliendo di fatto l'opzione ripartenza che invece nel primo tempo scattava con sufficiente rapidità. E dunque lo 0-1 non è un risultato, ma la risultante di tantissime variabili. Il primo passo di un lungo cammino di una nazionale che sa dove andare e che non vuole accontentarsi di onorevoli 0-1.
r.c.
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