Re Mida non c'è. Il miracolo dell'oro archiviato il giorno prima lasciava aperto il cassetto del bronzo. Un cassettone, al podio olimpico non si accede mai per la porta di servizio. E invece il bronzo diventa legno in una serata maledetta dove un ginocchio, un challenge, fanno tutta la differenza del mondo. 5-4 che racconta e non racconta un ultimo atto molto vicino ad un romanzo. È mancata la virgola tra una trama bellissima e un finale atroce e così tutto si è mescolato.
Il russo Kurugliev, che poi alle Olimpiadi “russo” non si può dire, si porta al comando delle operazioni sul 2-0 a metà match. E qui chi si estranea dalla lotta non incorre nell'antico pericolo, semplicemente cambia sport. E Myles, che nella lotta si esalta, sta dentro il match. Sa stringere i denti e uscire dal momento difficile preparando un finale che avrebbe rinfrescato il romanticismo di Victor Hugo. Una rimonta così bella che vale al sammarinese il 4-4 a soli 3 secondi dalla fine. Ma nella stessa azione il challenge per verificare un ginocchio a terra che avrebbe spalancato a Myles la rimonta dà ragione a Kurugliev. Il bronzo è suo.
La delusione frizza, ghiaccia il volto di Myles. Che aveva il diritto, il dovere di provarci. Ed è rimasto intrappolato nei 3 secondi che dividono una cosa che non si può descrivere, da un'altra che non si può descrivere.