C'è un'altra avventura olimpica alle porte. Parliamo delle Paralimpiadi della neve che Sochi ospiterà dal 7 al 16 marzo. Un evento che si svolgerà negli stessi impianti aperti lo scorso mese e utilizzerà tutti e tre i Villaggi olimpici. Luca Pancalli, che guida il Comitato Paralimpico Italiano, si aspetta molto. Presidente Pancalli, qual è lo stato di salute della squadra?
«Abbiamo un gruppo valido ma, al di là dei nomi di punta, mi piace sottolineare che abbiamo due diciassettenni nella squadra dell'hockey, un sedicenne nello sci alpino e una diciottenne nello snowboard». Quali sono le aspettative a Sochi? «Io sono sempre ottimista. Mi piacerebbe fare un bel regalo, l'oro alla famiglia italiana dello sport, quella medaglia che alle Olimpiadi non è arrivata. Il nostro livello è qualitativamente alto ma nel nostro mondo tutto è più veloce nella crescita». Se deve spendere qualche nome, su chi punta? «Parlo dei vecchi, di atleti esperti. I riferimenti sono per Francesca Porcellato nello sci nordico ma anche Giordano Tomasoni. Non dimentico Melania Corradini nello sci alpino che a Vancouver 2010 ha vinto l'oro nel superG anche se è reduce da un'operazione recente a una clavicola ma occhio ad Alessandro Daldoss che ha conquistato la Coppa del Mondo di sci alpino». Lei punta molto sulla squadra dell'hockey che è una bella realtà. «Abbiamo cominciato nel 2006, a Torino, dove avevamo il posto di diritto. Siamo alle Paralimpiadi per la terza volta di fila, campioni europei. È un grande successo perché in pochi anni abbiamo raggiunto un grande livello. A Sochi ci confronteremo in un girone durissimo, con Russia, Stati Uniti, Corea che sono più forti di noi, e con la Svezia. Esserci è già un grande risultato». Il portabandiera, Andrea Chiarotti, è il capitato di questa nazionale. Perché è stato scelto lui? «Con lui ho voluto premiare il team. Tutti insieme, questi ragazzi, rappresentano la capacità di fare squadra. Chiarotti idealmente è la sintesi della nazionale». La Paralimpiade sarà seguita dalla Rai che trasmetterà l'evento. «La copertura sarà totale, dalle 7.30 di mattina alla sera, su RaiSport2 e in alta definizione. C'è grande attenzione e per tutto il movimento è importante. Noi lanciamo ogni volta un messaggio a chi non si è ancora avvicinato allo sport». Londra 2012 ha rappresentato, con la sua Paralimpiade seguitissima, uno straordinario spot, vero presidente? «Una ragazza tornata da una missione di pace senza una gamba si è entusiasmata vedendo Martina Cairoli vincere i 100 metri e ha voluto provare a correre. Con il ministro Mauro abbiamo realizzato un progetto». A che punto è la crescita dello sport paralimpico in Italia? «Abbiamo fatto passi da gigante. Oggi il Cip (il Comitato italiano paralimpico, ndr) è una realtà e con il Coni c'è un rapporto splendido e una condivisione di progetti. Adesso ci manca il sigillo di entità pubblica. Con Giovanni Malagò abbiamo studiato un percorso per fare crescere la famiglia dello sport italiano». Il progetto di fusione Cip-Coni è ancora in piedi?
«È un obiettivo che non abbiamo abbandonato e che insieme a Malagò vorremmo realizzare, ma devono crearsi i presupposti e non ci devono essere cali di attenzione nei confronti del Cip». Lei è il capo del Cip, assessore del Comune di Roma e responsabile del settore giovanile della Federcalcio. Il suo è un osservatorio speciale. Cosa pensa del fenomeno curve degli stadi di calcio? «Premessa: c'è una norma e va rispettata. Lo dico in merito alle chiusure. Però, non è immaginabile andare avanti così. La norma va rivista per non penalizzare tutti visto che alla fine sono quattro cretini che gridano certe cose. Mi preoccupano i genitori che si menano sugli spalti alle partite dei loro bambini. Dobbiamo costruire una generazione di appassionati e non di ossessionati dal calcio».
«Abbiamo un gruppo valido ma, al di là dei nomi di punta, mi piace sottolineare che abbiamo due diciassettenni nella squadra dell'hockey, un sedicenne nello sci alpino e una diciottenne nello snowboard». Quali sono le aspettative a Sochi? «Io sono sempre ottimista. Mi piacerebbe fare un bel regalo, l'oro alla famiglia italiana dello sport, quella medaglia che alle Olimpiadi non è arrivata. Il nostro livello è qualitativamente alto ma nel nostro mondo tutto è più veloce nella crescita». Se deve spendere qualche nome, su chi punta? «Parlo dei vecchi, di atleti esperti. I riferimenti sono per Francesca Porcellato nello sci nordico ma anche Giordano Tomasoni. Non dimentico Melania Corradini nello sci alpino che a Vancouver 2010 ha vinto l'oro nel superG anche se è reduce da un'operazione recente a una clavicola ma occhio ad Alessandro Daldoss che ha conquistato la Coppa del Mondo di sci alpino». Lei punta molto sulla squadra dell'hockey che è una bella realtà. «Abbiamo cominciato nel 2006, a Torino, dove avevamo il posto di diritto. Siamo alle Paralimpiadi per la terza volta di fila, campioni europei. È un grande successo perché in pochi anni abbiamo raggiunto un grande livello. A Sochi ci confronteremo in un girone durissimo, con Russia, Stati Uniti, Corea che sono più forti di noi, e con la Svezia. Esserci è già un grande risultato». Il portabandiera, Andrea Chiarotti, è il capitato di questa nazionale. Perché è stato scelto lui? «Con lui ho voluto premiare il team. Tutti insieme, questi ragazzi, rappresentano la capacità di fare squadra. Chiarotti idealmente è la sintesi della nazionale». La Paralimpiade sarà seguita dalla Rai che trasmetterà l'evento. «La copertura sarà totale, dalle 7.30 di mattina alla sera, su RaiSport2 e in alta definizione. C'è grande attenzione e per tutto il movimento è importante. Noi lanciamo ogni volta un messaggio a chi non si è ancora avvicinato allo sport». Londra 2012 ha rappresentato, con la sua Paralimpiade seguitissima, uno straordinario spot, vero presidente? «Una ragazza tornata da una missione di pace senza una gamba si è entusiasmata vedendo Martina Cairoli vincere i 100 metri e ha voluto provare a correre. Con il ministro Mauro abbiamo realizzato un progetto». A che punto è la crescita dello sport paralimpico in Italia? «Abbiamo fatto passi da gigante. Oggi il Cip (il Comitato italiano paralimpico, ndr) è una realtà e con il Coni c'è un rapporto splendido e una condivisione di progetti. Adesso ci manca il sigillo di entità pubblica. Con Giovanni Malagò abbiamo studiato un percorso per fare crescere la famiglia dello sport italiano». Il progetto di fusione Cip-Coni è ancora in piedi?
«È un obiettivo che non abbiamo abbandonato e che insieme a Malagò vorremmo realizzare, ma devono crearsi i presupposti e non ci devono essere cali di attenzione nei confronti del Cip». Lei è il capo del Cip, assessore del Comune di Roma e responsabile del settore giovanile della Federcalcio. Il suo è un osservatorio speciale. Cosa pensa del fenomeno curve degli stadi di calcio? «Premessa: c'è una norma e va rispettata. Lo dico in merito alle chiusure. Però, non è immaginabile andare avanti così. La norma va rivista per non penalizzare tutti visto che alla fine sono quattro cretini che gridano certe cose. Mi preoccupano i genitori che si menano sugli spalti alle partite dei loro bambini. Dobbiamo costruire una generazione di appassionati e non di ossessionati dal calcio».
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