La notte del 26 aprile 1986, all'1.23, una serie di esplosioni distrusse il reattore nel Blocco 4 della centrale nucleare di Chernobyl, Ucraina (allora Urss) provocando il più grande disastro nucleare che la storia ricordi. Un incidente attribuito a una tecnologia antiquata – un reattore sovietico di prima generazione, del tipo RBMK di derivazione militare, propenso a improvvisi sbalzi di potenza – unita a una serie di errori umani, procedure operative e di sicurezza violate. E anche all'assenza di una struttura di contenimento che fermasse la fuoriuscita di radioattività.
Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che persero la vita tra atroci sofferenze. Ma il numero esatto delle vittime “collaterali” del disastro nucleare è tutt’oggi incerto e non vi è ormai più alcun modo di stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti in seguito, a causa di malattie. Sono decine di migliaia le persone che si ammalarono a causa delle radiazioni dovute all’esplosione, le cui conseguenze furono inevitabili e devastanti.
Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che persero la vita tra atroci sofferenze. Ma il numero esatto delle vittime “collaterali” del disastro nucleare è tutt’oggi incerto e non vi è ormai più alcun modo di stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti in seguito, a causa di malattie. Sono decine di migliaia le persone che si ammalarono a causa delle radiazioni dovute all’esplosione, le cui conseguenze furono inevitabili e devastanti.
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