Certe ferite non si chiudono, nonostante gli anni e il flusso della storia. Il 26 giugno è una data impressa a fuoco nel cuore di San Marino: il 1944 un bombardamento alleato violò la neutralità della piccola Repubblica. La guerra, che fino a quel momento aveva risparmiato il Titano, fece scorrere il sangue anche nell'antica terra della Libertà. Una pioggia di bombe scatenò l'inferno tra le 11:03 e le 12:38. I bambini che le videro cadere dal cielo le scambiarono per palloncini rossi. 63 i morti: non solo sammarinesi ma anche diversi italiani, saliti sul Monte nella speranza che venisse risparmiato dagli attacchi. Tra le vittime molte donne, in fila per la razione quotidiana di pane, al silo Molino Forno. Chi visse quell'incubo ha raccontato l'orrore, la paura, la fuga, la ricerca di un rifugio. Ma anche lo sbigottimento, lo shock, il senso collettivo di impotenza e fragilità. San Marino, che aveva aperto le braccia a 100.000 rifugiati accogliendoli nelle gallerie del treno, si sentì all'improvviso smarrita, tragicamente consapevole di non essere al sicuro. Quel bombardamento fu un errore: si pensava che il territorio fosse utilizzato dai tedeschi. Nel 79esimo anniversario la Reggenza deporrà, come ogni anno, una corona al Cimitero di Montalbo. Quel senso di vulnerabilità lo viviamo anche oggi, con la guerra combattuta alle porte d'Europa. Come allora, San Marino ha dato asilo ai profughi. Vicina al dolore di chi – da più di un anno – vive e muore sotto le bombe.